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domenica 29 luglio 2007

Chiamateli come volete ma fate qualcosa




LUI NON LA CURA E L'ABBANDONA, LEI MUORE DI CANCRO –

 NON COLPEVOLE, DOPO 15 ANNI DI CONVIVENZA



 Lui è un  amionista milanese, 51 anni, iniziali N.L.N. Lei, la sua compagna, di origine slava, è morta nel 2002, di tumore, senza assistenza, senza cure, senza un aiuto. Lasciata morire. Ma erano "solo" conviventi e per la giustizia lui, il camionista, non è colpevole di alcunchè. In base al codice, almeno. La coscienza, poi, quella è un'altra cosa.

Lo ha deciso oggi la I sezione della Corte d'Assise che ha assolto N.L.N dall'accusa di abbandono di persona incapace perchè "il rapporto di convivenza, in quanto rapporto di fatto non disciplinato dalla legge, è privo di rilevanza penale". La coppia viveva insieme da quindici anni pur senza essere - come dice la sentenza - disciplinati dalla legge. Non erano sposati, insomma. Due estranei sotto lo stesso tetto per cui però non scatta alcun tipo di obbligo, nè civile nè penale.



Tutto bene finché la donna si ammala: tumore, obbligo di cure, necessità di assistenza, un'agonia lunga. E in solitudine visto che lui, dicono le accuse, non si è preoccupato di assisterla e di farla curare. Abbandono di persona incapace fino a causarne la morte. Secondo l'accusa, non le avrebbe somministrato le cure necessarie, tanto che la donna muore il 19 maggio 2002 dopo una lunga e devastante malattia che l'aveva ridotta a pesare 30 chili.

Con queste accuse, mosse dai parenti di lei, il camionista è finito sotto processo. Consulenti e periti confermano lo stato di totale abbandono in cui era stata lasciata la donna. Ma la Corte d'Assise lo ha assolto. Scrivendo una sentenza destinata a far discutere.

Per il presidente Luigi Domenico Cerqua non può estendersi al rapporto di convivenza quanto previsto dall'articolo 143, comma 2, del codice civile "che limita ai soli coniugi l'obbligo all'assistenza morale e materiale". Questo, infatti, comporterebbe una "inammissibile interpretazione analogica in mala partem". Per il giudice "sarebbe infatti contra legem, in un sistema retto dal principio di legalità, rendere applicabile la norma penale anche alle violazioni di obblighi morali o di solidarietà, e quindi anche nei confronti delle famiglie di fatto, ovvero di coloro che convivono more uxorio". "La cura, al pari della custodia - argomenta il presidente della Corte - deve fondarsi su uno specifico obbligo giuridico che trova la propria fonte nella legge o nel contratto, che peraltro fonda pur sempre nella legge la propria forza vincolante". E' obbligata alla cura, per esempio, la badante o l'infermiera che, in forza di un contratto, deve svolgere un determinato compito. Ma non due conviventi fantasma in quanto non riconosciuti da alcun tipo di contratto o articolo.

Si tratta di un primo grado e quindi di una decisione provvisoria in attesa di arrivare in Cassazione. Ma è una scelta che ha comunque un peso nel dibattito che riprenderà in autunno sui Dico e sulla sua ultima versione nota, i Cus - contratti di unione solidale - che portano la firma del senatore Giovanni Salvi, presidente della Commissione giustizia. La sentenza di Milano, infatti, è una negazione netta e chiara dei diritti delle coppie di fatto. In questo caso in "positivo" per l'imputato. In negativo da tutti gli altri punti di vita. E, anche, la dimostrazione che quando si parla di diritti per le coppie di fatto non ci si riferisce solo alle coppie gay ma anche, soprattutto, a quelle eterosessuali.

Tra gli obiettivi dei contratti di natura privatistica che riconoscono i diritti alle coppie di fatto c'è proprio il riconoscimento dell'assistenza sanitaria in caso di malattia di uno o dell'altro convivente. Oltre al diritto a subentrare nel contratto di affitto piuttosto che a ricevere la pensione di reversibilità.

Al di là delle intenzioni dei giudici milanesi, la sentenza di assoluzione del camionista stupisce e chocca. E dimostra, in tutta evidenza, la necessità di un regolamento che riconosca diritti e doveri dei conviventi. Che sono anche etero e non solo omosessuali.



da: la Repubblica – cronaca di Milano – di sabato 28 luglio 2007





***************************************************

LiberaUscita

Associazione nazionale laica e apolitica

per la legalizzazione del testamento biologico

e la depenalizzazione dell'eutanasia 

Via Genova, 24 - 00184 Roma

apertura sede: lun-merc-ven. ore 8:30 - 10:30

tel e fax: 0647823807

sito web:
www.liberauscita.it 

email:
info@liberauscita.it 



Chiamateli come volete ma fate qualcosa




LUI NON LA CURA E L'ABBANDONA, LEI MUORE DI CANCRO –

 NON COLPEVOLE, DOPO 15 ANNI DI CONVIVENZA



 Lui è un  amionista milanese, 51 anni, iniziali N.L.N. Lei, la sua compagna, di origine slava, è morta nel 2002, di tumore, senza assistenza, senza cure, senza un aiuto. Lasciata morire. Ma erano "solo" conviventi e per la giustizia lui, il camionista, non è colpevole di alcunchè. In base al codice, almeno. La coscienza, poi, quella è un'altra cosa.

Lo ha deciso oggi la I sezione della Corte d'Assise che ha assolto N.L.N dall'accusa di abbandono di persona incapace perchè "il rapporto di convivenza, in quanto rapporto di fatto non disciplinato dalla legge, è privo di rilevanza penale". La coppia viveva insieme da quindici anni pur senza essere - come dice la sentenza - disciplinati dalla legge. Non erano sposati, insomma. Due estranei sotto lo stesso tetto per cui però non scatta alcun tipo di obbligo, nè civile nè penale.



Tutto bene finché la donna si ammala: tumore, obbligo di cure, necessità di assistenza, un'agonia lunga. E in solitudine visto che lui, dicono le accuse, non si è preoccupato di assisterla e di farla curare. Abbandono di persona incapace fino a causarne la morte. Secondo l'accusa, non le avrebbe somministrato le cure necessarie, tanto che la donna muore il 19 maggio 2002 dopo una lunga e devastante malattia che l'aveva ridotta a pesare 30 chili.

Con queste accuse, mosse dai parenti di lei, il camionista è finito sotto processo. Consulenti e periti confermano lo stato di totale abbandono in cui era stata lasciata la donna. Ma la Corte d'Assise lo ha assolto. Scrivendo una sentenza destinata a far discutere.

Per il presidente Luigi Domenico Cerqua non può estendersi al rapporto di convivenza quanto previsto dall'articolo 143, comma 2, del codice civile "che limita ai soli coniugi l'obbligo all'assistenza morale e materiale". Questo, infatti, comporterebbe una "inammissibile interpretazione analogica in mala partem". Per il giudice "sarebbe infatti contra legem, in un sistema retto dal principio di legalità, rendere applicabile la norma penale anche alle violazioni di obblighi morali o di solidarietà, e quindi anche nei confronti delle famiglie di fatto, ovvero di coloro che convivono more uxorio". "La cura, al pari della custodia - argomenta il presidente della Corte - deve fondarsi su uno specifico obbligo giuridico che trova la propria fonte nella legge o nel contratto, che peraltro fonda pur sempre nella legge la propria forza vincolante". E' obbligata alla cura, per esempio, la badante o l'infermiera che, in forza di un contratto, deve svolgere un determinato compito. Ma non due conviventi fantasma in quanto non riconosciuti da alcun tipo di contratto o articolo.

Si tratta di un primo grado e quindi di una decisione provvisoria in attesa di arrivare in Cassazione. Ma è una scelta che ha comunque un peso nel dibattito che riprenderà in autunno sui Dico e sulla sua ultima versione nota, i Cus - contratti di unione solidale - che portano la firma del senatore Giovanni Salvi, presidente della Commissione giustizia. La sentenza di Milano, infatti, è una negazione netta e chiara dei diritti delle coppie di fatto. In questo caso in "positivo" per l'imputato. In negativo da tutti gli altri punti di vita. E, anche, la dimostrazione che quando si parla di diritti per le coppie di fatto non ci si riferisce solo alle coppie gay ma anche, soprattutto, a quelle eterosessuali.

Tra gli obiettivi dei contratti di natura privatistica che riconoscono i diritti alle coppie di fatto c'è proprio il riconoscimento dell'assistenza sanitaria in caso di malattia di uno o dell'altro convivente. Oltre al diritto a subentrare nel contratto di affitto piuttosto che a ricevere la pensione di reversibilità.

Al di là delle intenzioni dei giudici milanesi, la sentenza di assoluzione del camionista stupisce e chocca. E dimostra, in tutta evidenza, la necessità di un regolamento che riconosca diritti e doveri dei conviventi. Che sono anche etero e non solo omosessuali.



da: la Repubblica – cronaca di Milano – di sabato 28 luglio 2007





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LiberaUscita

Associazione nazionale laica e apolitica

per la legalizzazione del testamento biologico

e la depenalizzazione dell'eutanasia 

Via Genova, 24 - 00184 Roma

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sabato 28 luglio 2007


Cammino di Santiago – Cammino del Nord


23 maggio – 27 giugno 2007


Fa un caldo giusto e si sta proprio bene. Vicino a una fonte incontriamo una coppia di Bassano del Grappa, Loredana e Andreino, ma a dispetto del nome è un omone. Dopo un po’, in discesa, ci distaccano e non li vediamo più. Hanno due zaini che fanno paura però vanno alla grande. Sono pellegrini veterani che nel 2006 hanno fatto la via della Plata in agosto, una roba infernale.


C’è il sole, ma fa un po’ fresco. Visitiamo Gernika, tristemente nota per il bombardamento aereo, che la rase completamente al suolo nella guerra civile spagnola, il primo della storia, voluto da Hitler. Il tragico evento è raffigurato su un: murales che riproduce il famoso quadro di Picasso.


Il percorso continua sulla “via verde”, tutto lungo costa con  vista mare da mozza fiato. All’inizio della via incontriamo una scolaresca che si incuriosisce al nostro passaggio soprattutto quando la maestra spiega che siamo italiani e facciamo il cammino di Santiago. I bambini commentano sorpresi.


Abbiamo trovato anche una giovane tedesca che farà il cammino per soli dieci giorni. Ogni incontro è sempre una sorpresa perché qui i pellegrini scarseggiano.


25 giugno 2007  Santiago – Finisterre – tempo sole


Usciamo con il nuvolo, ma poi un bel sole ci accoglie a Finisterre. Il viaggio non è stato dei migliori, perché l’autista era arrabbiato, dato che, per quello che abbiamo capito, quella corsa non avrebbe dovuto farla lui. Chi ci ha rimesso è stato un pellegrino tedesco che a metà strada è dovuto scendere per il mal di stomaco. Chissà come farà ad andare avanti.


Finisterre non me la ricordavo così bella, con quelle spiagge bianche.


Mentre ci avviamo verso il faro, sorpresa: ci chiama Tomas. Abbracci e scambio di indirizzi. Venerdì all’uscita della messa ha perso Hector, che non ha cellulare, e David è in arrivo a piedi a Finisterre.


Leggi tutto il racconto di Guido e Giovanna, pensionati scout dell'Isolotto,  qui.


Cammino di Santiago – Cammino del Nord


23 maggio – 27 giugno 2007


Fa un caldo giusto e si sta proprio bene. Vicino a una fonte incontriamo una coppia di Bassano del Grappa, Loredana e Andreino, ma a dispetto del nome è un omone. Dopo un po’, in discesa, ci distaccano e non li vediamo più. Hanno due zaini che fanno paura però vanno alla grande. Sono pellegrini veterani che nel 2006 hanno fatto la via della Plata in agosto, una roba infernale.


C’è il sole, ma fa un po’ fresco. Visitiamo Gernika, tristemente nota per il bombardamento aereo, che la rase completamente al suolo nella guerra civile spagnola, il primo della storia, voluto da Hitler. Il tragico evento è raffigurato su un: murales che riproduce il famoso quadro di Picasso.


Il percorso continua sulla “via verde”, tutto lungo costa con  vista mare da mozza fiato. All’inizio della via incontriamo una scolaresca che si incuriosisce al nostro passaggio soprattutto quando la maestra spiega che siamo italiani e facciamo il cammino di Santiago. I bambini commentano sorpresi.


Abbiamo trovato anche una giovane tedesca che farà il cammino per soli dieci giorni. Ogni incontro è sempre una sorpresa perché qui i pellegrini scarseggiano.


25 giugno 2007  Santiago – Finisterre – tempo sole


Usciamo con il nuvolo, ma poi un bel sole ci accoglie a Finisterre. Il viaggio non è stato dei migliori, perché l’autista era arrabbiato, dato che, per quello che abbiamo capito, quella corsa non avrebbe dovuto farla lui. Chi ci ha rimesso è stato un pellegrino tedesco che a metà strada è dovuto scendere per il mal di stomaco. Chissà come farà ad andare avanti.


Finisterre non me la ricordavo così bella, con quelle spiagge bianche.


Mentre ci avviamo verso il faro, sorpresa: ci chiama Tomas. Abbracci e scambio di indirizzi. Venerdì all’uscita della messa ha perso Hector, che non ha cellulare, e David è in arrivo a piedi a Finisterre.


Leggi tutto il racconto di Guido e Giovanna, pensionati scout dell'Isolotto,  qui.

Lectio magistralis 


E venne la transustanziazione a devitalizzare l'eucaristia.


L 'autorizzazione del papa a celebrare la messa in latino secondo un rituale ormai imbalsamato non meriterebbe in sé l'attenzione e il clamore che le è riservato. La decisione di Benedetto XVI è stata presa in primo luogo per l'unità della Chiesa. E' una sollecitudine da apprezzare nella sua intenzionalità. Ma il carattere essenziale del messaggio che trasmette è di restaurazione. Ed è una restaurazione pesante in contrasto stridente con le esperienze e le attese di molta parte della realtà ecclesiale nel mondo che attende da quarant'anni l'attuazione progressiva delle promesse conciliari.


Perché il Concilio non è affatto un evento chiuso ed esaurito dai documenti prodotti e dalle riforme attuate. E' piuttosto un grande processo storico di trasformazione che deve ancora sviluppare tutta la sua forza. La riforma liturgica attuata e in particolare il Messale romano promulgato da Paolo VI non possono diventare la tomba dello spirito che ha animato il Concilio. Tanti cattolici nel mondo e specialmente nei paesi impoveriti si aspettavano un nuovo slancio verso la liberazione e invece ecco il messaggio necrofilo che ribadisce la cultura del sacrificio, quella cultura che da sempre serve a colpire i poveri e a tenerli nella soggezione.


Perché il gesto di papa Ratzinger non è solo questione di lingua ma di cultura. E' un colpo al processo conciliare che aveva favorito il passaggio tanto atteso dalla cultura del sacrificio alla cultura della condivisione, dal primato del rito e del mito al primato delle relazioni e dell'amore. Possiamo capire meglio il senso di questa opposizione di papa Ratzinger al passaggio strategico dal Sacro alla vita, con alcune cenni storici. Per le tradizioni religiose sacrificali la salvezza viene dal sacrificio.


Tutte le religioni hanno al loro centro il problema della salvezza. Sono vie di salvezza di fronte al mistero del male, del dolore e della morte.


Lo strumento principe della salvezza è quasi sempre il sacrificio. E spesso si tratta di un sacrificio cruento. Fino dalle religioni più antiche. Tutti i sistemi di dominio hanno sfruttato a piene mani la cultura del sacrifico per sfruttare, opprimere, soffocare nel sangue la rivolta.


E' ben nota la centralità del sacrificio nella religione ebraica: «Consacra al Signore ogni primo nato tra i figli d'Israele, sia degli uomini che degli animali: esso è mio. Lo riscatterai sacrificando al suo posto un animale» (libro dell'Esodo). La cena pasquale, prima della morte di Gesù, origine prima dell'eucarestia, avviene all'interno della tradizione sacrificale. Ma, a me sembra, è stato inserito un elemento nuovo che avrebbe potuto essere rivoluzionario se non fosse stato devitalizzato: l'identificazione fra pane e corpo e fra vino e sangue, la fusione cioè fra il sacro e la vita: «prendete e mangiate questo è il mio corpo». Va tenuto conto che il racconto dell'ultima cena, prima di essere codificato nei Vangeli, nasce e si diffonde oralmente fra piccoli gruppi di persone che vivevano al di fuori delle strutture sacrali, celebravano l'eucaristia in casa e non nel tempio.


I primi cristiani lasciarono il Tempio, anzi furono cacciati via dal Tempio, non avevano sacerdoti, i loro ministri erano presbiteri, erano anziani, rifiutavano le parole sacrali. La loro collocazione nella società era una collocazione di tipo laico, erano pastori, pescatori, artigiani, donne e uomini emarginati. Non avevano cornici sacre. Per questo stesso motivo i cristiani furono perseguitati anche dal mondo pagano che era un mondo religioso. Erano combattuti perché non erano religiosi cioè non avevano una simbologia sacrale, non sacrificavano a nessuno. Il loro momento espressivo era la cena. E non c'erano tra loro gerarchie ma ministeri. Quindi anche questa struttura sacrale della gerarchia non esisteva. E morivano versando il sangue per l'umanità nuova (E. Balducci).


Per il cristianesimo nascente non il sacrificio salva ma la condivisione.


Tradotto in termini espliciti, e quindi riduttivi, il messaggio che emana dalla simbologia dell'ultima cena potrebbe essere questo: la via della salvezza non passa attraverso il sacrificio rituale, che è solo consolatorio, anzi è una truffa mascherata di sacro (il Tempio-spelonca di ladri). La via della salvezza sta nella condivisione degli elementi offerti dalla natura e dal lavoro dell'uomo, essenziali alla vita, simboleggiati dal pane e dal vino.


E il sacrificio? E' sostituito dalla condivisione esistenziale. La condivisione eucaristica del pane e del vino non è una qualsiasi spartizione contrattuale: io do una cosa a te e tu dai una cosa a me. La giustizia ha bisogno di leggi e norme che regolino il contratto sociale; ma non deve sacralizzare e rendere eterne le leggi e le norme: Il sabato è fatto per l'uomo, non l'uomo per il sabato. La spartizione e condivisione dei beni della terra e del lavoro coinvolge insieme al pane e al vino tutta la esistenza umana, corpo e sangue. E' una condivisione esistenziale che non è mai appagata dai livelli di giustizia raggiunti storicamente dalle spartizioni contrattuali. Cerca e vuole livelli sempre più alti di giustizia e quindi tende di continuo a un "oltre". Perché il corpo e il sangue, la vita umana, non si possono esaurire mai in un contratto o in un programma politico. Il corpo e il sangue sono l'anima della trasformazione continua della storia. Sono il motore intimo della lotta inesausta per la giustizia. Finché ci sarà un solo povero sulla terra.


Tutto questo nel periodo del cristianesimo nascente. E venne la transustanziazione a devitalizzare l'eucaristia.


Quando è avvenuto l'inserimento delle comunità cristiane negli spazi del potere c'è stata la sacralizzazione della Chiesa. E' cominciata l'avventura della fede dentro le categorie del sacro. Il cristianesimo-potere ha rovesciato il senso di questa simbologia insita nell'ultima cena. E' stata sancita la transustanziazione. Parola difficile che in sostanza significa che il pane non è più pane ma è il corpo di Cristo. Il pane e il corpo sono stati di nuovo contrapposti. La vita, la natura e il sacro sono stati di nuovo separati. E all'ansia di giustizia e alla lotta pacifica per la giustizia è stata tolta l'anima. E l'eucaristia è stata devitalizzata.


Potrei raccontare tanti aneddoti in proposito. Ne scelgo uno. Quando si celebrava la messa in latino, tanti preti scivolavano via frettolosamente sulle varie parti della messa, anch'io qualche volta l'ho fatto, tanto nessuno capiva nulla, ma si soffermavano sulle parole della consacrazione scandendole quasi ossessivamente. "hoc est corpus meum…". Ricordo un monsignore importante che impiegava più tempo su quelle parole che su tutto il resto. La Messa era tutta lì in quelle parole mitiche che operavano il miracolo rinnovando il sacrificio di Gesù.


Ed ecco il colpo d'ala verso cui tendono tante esperienze di celebrazioni eucaristiche specialmente nelle comunità di base: la liberazione della Messa dal sacrificio e il recupero del senso iniziale della condivisione.


La reazione anticonciliare del Motu proprio papale si pone contro tutto questo. Va incontro però a una contraddizione che può trasformare la concessione del ritorno al latino in un boomerang. Perché introduce un elemento di flessibilità che s'insinua come una crepa nel monolite della rigidità rituale e apre all'antichissima tradizione del pluralismo partecipativo, della inculturazione e della creatività. La Messa non è nata in latino, ma in aramaico, la lingua di Gesù, poi si è affermata in greco, quindi ha conquistato il mondo nella lingua dei conquistatori, il latino, ed infine si è adeguata alle lingue nazionali. Forse il futuro di chi ha sempre cercato varchi per aprire la Chiesa alle necessità della vita è proprio quello di allargare la crepa della flessibilità per fare spazio allo Spirito che soffia dove vuole in modo che l'eucaristia torni ad essere vera condivisione degli elementi essenziali della vita nella memoria di Gesù. Non è la lingua che preme in primo luogo ma le esigenze del pluralismo, della inculturazione, della creatività, della liberazione.


 Enzo Mazzi - E’ morta la cultura del Concilio

Liberazione 10 luglio 2007


 

 

Lectio magistralis 


E venne la transustanziazione a devitalizzare l'eucaristia.


L 'autorizzazione del papa a celebrare la messa in latino secondo un rituale ormai imbalsamato non meriterebbe in sé l'attenzione e il clamore che le è riservato. La decisione di Benedetto XVI è stata presa in primo luogo per l'unità della Chiesa. E' una sollecitudine da apprezzare nella sua intenzionalità. Ma il carattere essenziale del messaggio che trasmette è di restaurazione. Ed è una restaurazione pesante in contrasto stridente con le esperienze e le attese di molta parte della realtà ecclesiale nel mondo che attende da quarant'anni l'attuazione progressiva delle promesse conciliari.


Perché il Concilio non è affatto un evento chiuso ed esaurito dai documenti prodotti e dalle riforme attuate. E' piuttosto un grande processo storico di trasformazione che deve ancora sviluppare tutta la sua forza. La riforma liturgica attuata e in particolare il Messale romano promulgato da Paolo VI non possono diventare la tomba dello spirito che ha animato il Concilio. Tanti cattolici nel mondo e specialmente nei paesi impoveriti si aspettavano un nuovo slancio verso la liberazione e invece ecco il messaggio necrofilo che ribadisce la cultura del sacrificio, quella cultura che da sempre serve a colpire i poveri e a tenerli nella soggezione.


Perché il gesto di papa Ratzinger non è solo questione di lingua ma di cultura. E' un colpo al processo conciliare che aveva favorito il passaggio tanto atteso dalla cultura del sacrificio alla cultura della condivisione, dal primato del rito e del mito al primato delle relazioni e dell'amore. Possiamo capire meglio il senso di questa opposizione di papa Ratzinger al passaggio strategico dal Sacro alla vita, con alcune cenni storici. Per le tradizioni religiose sacrificali la salvezza viene dal sacrificio.


Tutte le religioni hanno al loro centro il problema della salvezza. Sono vie di salvezza di fronte al mistero del male, del dolore e della morte.


Lo strumento principe della salvezza è quasi sempre il sacrificio. E spesso si tratta di un sacrificio cruento. Fino dalle religioni più antiche. Tutti i sistemi di dominio hanno sfruttato a piene mani la cultura del sacrifico per sfruttare, opprimere, soffocare nel sangue la rivolta.


E' ben nota la centralità del sacrificio nella religione ebraica: «Consacra al Signore ogni primo nato tra i figli d'Israele, sia degli uomini che degli animali: esso è mio. Lo riscatterai sacrificando al suo posto un animale» (libro dell'Esodo). La cena pasquale, prima della morte di Gesù, origine prima dell'eucarestia, avviene all'interno della tradizione sacrificale. Ma, a me sembra, è stato inserito un elemento nuovo che avrebbe potuto essere rivoluzionario se non fosse stato devitalizzato: l'identificazione fra pane e corpo e fra vino e sangue, la fusione cioè fra il sacro e la vita: «prendete e mangiate questo è il mio corpo». Va tenuto conto che il racconto dell'ultima cena, prima di essere codificato nei Vangeli, nasce e si diffonde oralmente fra piccoli gruppi di persone che vivevano al di fuori delle strutture sacrali, celebravano l'eucaristia in casa e non nel tempio.


I primi cristiani lasciarono il Tempio, anzi furono cacciati via dal Tempio, non avevano sacerdoti, i loro ministri erano presbiteri, erano anziani, rifiutavano le parole sacrali. La loro collocazione nella società era una collocazione di tipo laico, erano pastori, pescatori, artigiani, donne e uomini emarginati. Non avevano cornici sacre. Per questo stesso motivo i cristiani furono perseguitati anche dal mondo pagano che era un mondo religioso. Erano combattuti perché non erano religiosi cioè non avevano una simbologia sacrale, non sacrificavano a nessuno. Il loro momento espressivo era la cena. E non c'erano tra loro gerarchie ma ministeri. Quindi anche questa struttura sacrale della gerarchia non esisteva. E morivano versando il sangue per l'umanità nuova (E. Balducci).


Per il cristianesimo nascente non il sacrificio salva ma la condivisione.


Tradotto in termini espliciti, e quindi riduttivi, il messaggio che emana dalla simbologia dell'ultima cena potrebbe essere questo: la via della salvezza non passa attraverso il sacrificio rituale, che è solo consolatorio, anzi è una truffa mascherata di sacro (il Tempio-spelonca di ladri). La via della salvezza sta nella condivisione degli elementi offerti dalla natura e dal lavoro dell'uomo, essenziali alla vita, simboleggiati dal pane e dal vino.


E il sacrificio? E' sostituito dalla condivisione esistenziale. La condivisione eucaristica del pane e del vino non è una qualsiasi spartizione contrattuale: io do una cosa a te e tu dai una cosa a me. La giustizia ha bisogno di leggi e norme che regolino il contratto sociale; ma non deve sacralizzare e rendere eterne le leggi e le norme: Il sabato è fatto per l'uomo, non l'uomo per il sabato. La spartizione e condivisione dei beni della terra e del lavoro coinvolge insieme al pane e al vino tutta la esistenza umana, corpo e sangue. E' una condivisione esistenziale che non è mai appagata dai livelli di giustizia raggiunti storicamente dalle spartizioni contrattuali. Cerca e vuole livelli sempre più alti di giustizia e quindi tende di continuo a un "oltre". Perché il corpo e il sangue, la vita umana, non si possono esaurire mai in un contratto o in un programma politico. Il corpo e il sangue sono l'anima della trasformazione continua della storia. Sono il motore intimo della lotta inesausta per la giustizia. Finché ci sarà un solo povero sulla terra.


Tutto questo nel periodo del cristianesimo nascente. E venne la transustanziazione a devitalizzare l'eucaristia.


Quando è avvenuto l'inserimento delle comunità cristiane negli spazi del potere c'è stata la sacralizzazione della Chiesa. E' cominciata l'avventura della fede dentro le categorie del sacro. Il cristianesimo-potere ha rovesciato il senso di questa simbologia insita nell'ultima cena. E' stata sancita la transustanziazione. Parola difficile che in sostanza significa che il pane non è più pane ma è il corpo di Cristo. Il pane e il corpo sono stati di nuovo contrapposti. La vita, la natura e il sacro sono stati di nuovo separati. E all'ansia di giustizia e alla lotta pacifica per la giustizia è stata tolta l'anima. E l'eucaristia è stata devitalizzata.


Potrei raccontare tanti aneddoti in proposito. Ne scelgo uno. Quando si celebrava la messa in latino, tanti preti scivolavano via frettolosamente sulle varie parti della messa, anch'io qualche volta l'ho fatto, tanto nessuno capiva nulla, ma si soffermavano sulle parole della consacrazione scandendole quasi ossessivamente. "hoc est corpus meum…". Ricordo un monsignore importante che impiegava più tempo su quelle parole che su tutto il resto. La Messa era tutta lì in quelle parole mitiche che operavano il miracolo rinnovando il sacrificio di Gesù.


Ed ecco il colpo d'ala verso cui tendono tante esperienze di celebrazioni eucaristiche specialmente nelle comunità di base: la liberazione della Messa dal sacrificio e il recupero del senso iniziale della condivisione.


La reazione anticonciliare del Motu proprio papale si pone contro tutto questo. Va incontro però a una contraddizione che può trasformare la concessione del ritorno al latino in un boomerang. Perché introduce un elemento di flessibilità che s'insinua come una crepa nel monolite della rigidità rituale e apre all'antichissima tradizione del pluralismo partecipativo, della inculturazione e della creatività. La Messa non è nata in latino, ma in aramaico, la lingua di Gesù, poi si è affermata in greco, quindi ha conquistato il mondo nella lingua dei conquistatori, il latino, ed infine si è adeguata alle lingue nazionali. Forse il futuro di chi ha sempre cercato varchi per aprire la Chiesa alle necessità della vita è proprio quello di allargare la crepa della flessibilità per fare spazio allo Spirito che soffia dove vuole in modo che l'eucaristia torni ad essere vera condivisione degli elementi essenziali della vita nella memoria di Gesù. Non è la lingua che preme in primo luogo ma le esigenze del pluralismo, della inculturazione, della creatività, della liberazione.


 Enzo Mazzi - E’ morta la cultura del Concilio

Liberazione 10 luglio 2007


 

 

venerdì 20 luglio 2007

Cerimonia dell'addio

Cerimonia dell'addio (IV)



Ciao, Giorgia

(Firenze, cappelle del commiato di Careggi,  20 luglio 2007).



Io vivere vorrei addormentato

entro il dolce rumore della vita.

Sandro Penna



Lo scheletro allegro

E’ una storia scritta da due bambine a seguito di una discussione nata in classe riguardante il tema della morte. Le autrici della storia hanno proiettato nella loro proiezione letteraria l'aspirazione tendente a far sì che anche la morte, sotto le sembianze di uno scheletro burlone, possa assumere una dimensione umana e venga quindi accettata nel contesto della nostra destinazione esistenziale. Lo scheletro nella simbologia ricorrente ha una funzione ammonitrice e terrorifica, nella storia e nella invenzione filmica fa di tutto invece, per essere accettato. Si mostra gentile con i più deboli, scatena l'ilarità e quando giunge nel "Paese dei dormiglioni", un deserto dove la vita, ridotta a puro meccanismo, è controllata da robot e oscuri gendarmi, finisce per inmergere tutti in un flusso d'allegria. Il deserto si riempie di fiori. Anche lo scheletro getta la maschera, dentro la tuta funebre c'è una bambina che ride, balla e fa ondeggiare i capelli. Quante volte sono state costruite maschere di paura per tenere gli uomini lontani dalla verità!

Luciano Gori maestro elementare di Giorgia.



Perchè viviamo

Ognuno di noi è su questa terra per una breve visita; egli non sa il perchè, ma assai spesso crede di averlo capito.

Qual e il senso della nostra esistenza, qual e il significato dell'esistenza di tutti gli esseri viventi in generale?

Il saper rispondere a una siffatta domanda significa avere sentimenti religiosi.La più bella sensazione è il lato misterioso della vita.

Chi non è più in grado di provare né stupore né sorpresa è per cosi dire morto; i suoi occhi sono spenti. L'impressione del misterioso, sia pure misto a timore, ha suscitato, tra l'altro, la religione.

Sapere che esiste qualcosa di impenetrabile, conoscere le manifestazioni dell'intelletto più profondo e della bellezza più luminosa, che sono accessibili alla nostra ragione solo nelle forme più primitive, questa conoscenza e questo sentimento, ecco la vera devozione: in questo senso, e soltanto in questo senso, io sono fra gli uomini più profondamente religiosi.

Non posso immaginarmi un Dio che ricompensa e che punisce l'oggetto della sua creazione, un Dio che soprattutto esercita la sua volontà nello stesso modo con cui l'esercitiamo su noi stessi.

Non voglio e non possono figurarmi un individuo che sopravviva
alla sua morte corporale: quante anime deboli, per paura e per egoismo ridicolo, si nutrono di simili idee.

Mi basta sentire il mistero dell'eternità della vita, avere la coscienza e l'intuizione di ciò che è, lottare attivamente per afferrare una particella, anche piccolissima, dell'intelligenza che si manifesta nella natura.


Albert Einstein



“(..) Di proposito non me la sento di considerare Dio troppo lontano, niente a che vedere con lo stupefacente Dio degli antichi Ebrei, e ciò perché non credo che questo concetto  sia giusto, per quanto impressionante possa essere.  Posso spiegare la differenza tramite una vecchia storiella spagnola. Un giorno Dio, sotto mentite spoglie , incontra un contadino che cammina lungo la strada e gli chiede “Dove stai andando?” Al che il contadino risponde “A Saragozza” dimenticando di aggiungere la chiosa obbligatoria nel medioevo “Se Dio vuole”.  A causa di questa mancanza di rispetto Dio trasforma il contadino in una rana e la spedisce nella pozza più vicina.  Dopo avere osservato la rana sguazzare per un po’ Dio inverte la trasformazione e dice al contadino , una volta ripresa la forma umana “Ed ora dove vai?” Al che il contadino risponde “ A Saragozza o nella pozza!” . Gli irosi dei del mondo antico avrebbero rispedito il contadino nella pozza. Il mio Dio per contro si sarebbe assicurato che arrivasse a   Saragozza.  Un errore di tutte le religioni fondamentaliste è che il loro Dio non ha senso dell’humor. Ciò perché le religioni fondamentaliste si mantengono per lungo tempo per mezzo di rituali che per loro natura non hanno alcun senso dell’humor.

Ma la vera questione è che Dio non è onnipotente, Dio non può eludere il male rappresentato dal decadimento (n.d.t. termodinamico) perché la questione non è di quelle su cui si può scegliere. Se c’è un universo c’è decadimento. Se non c’è decadimento, non c’è universo. Fate la vostra scelta. (..)  Il fenomeno della vita è un modo estremamente intelligente per sconfiggere il decadimento, e se si potesse trovare una soluzione anche al problema della “coscienza individuale”, avremmo una soluzione completa. Al giorno d’oggi ci si parano davanti gli opposti estremi, rappresentati da una visione atea e da una visione fondamentalista, e a mio parere in entrambi i casi siamo nei guai.  La visione atea di un universo che sembra esistere senza scopo e nel contempo possiede una squisita struttura logica a me pare ottusa, mentre le perpetue liti dei gruppi religiosi fondamentalisti sono ancora peggio.  Nessuna delle liti religiose che ho mai visto o di cui sono venuto a conoscenza, vale la morte di un solo bambino. Si possono concepire vari universi definiti da forme differenti di vincoli matematici. Quello che io sospetto è che i vincoli che definiscono il nostro universo non siano vincoli qualsiasi. I vincoli sono ottimizzati per le conseguenze che ne derivano. O, detta in altre parole, Dio sta facendo del suo meglio, e gravarLo del concetto di onnipotenza è un grossolano insulto, un insulto perpetrato da persone che non meritano il grande sforzo che è stato intrapreso per loro stesso conto."

 Fred Hoyle (Scienziato astronomo inglese)



Io non sono mai morta.

Non di me vi dovete preoccupare,

ma di voi stessi, che non siate mai dei morti

che si muovono sulla terra,

che non vediate mai la vita sopravvivere,

che non vi capiti di essere morti prima di morire!

Vivi oltre me con tanta forza pura,

non voglio che vacillino

il tuo riso né i tuoi passi,

non voglio che muoia la mia eredità di gioia;

non bussare al mio petto, sono assente,

vivi nella mia assenza come in una casa.

E’ una casa sì grande l’assenza:

E’ una casa sì trasparente l’assenza,

che senza vita io ti vedrò vivere”.


...”Dietro una balza ho filmato i ragazzi che si tengono per mano e correndo superano questo dislivello erboso con un grande salto. L’ultimo rullino si interrompe qui. Sono visi felici e coloriti. Nel salto qualcuno ruzzola, ma si rialza e corre via felice. Nelle ultime sequenze è rimasto impressionato l’orizzonte vuoto con i fili d’erba e le nuvole che ci ruzzolano sopra”.

Luciano, maestro elementare di Giorgia.



Questo è il testo del primo intervento fatto stamani davanti alla bara di Giorgia De Fanti da uno dei presenti a nome dei genitori dei ragazzi della vecchia classe delle elementari di Giorgia, morta in un campeggio della Croazia per cause naturali a poco meno di 40 anni. Era la classe di Simone, nostro figlio, e c'era come maestro il compianto Luciano Gori a cui è oggi intestata la biblioteca comunale dell'Isolotto, la più frequentata dopo la Nazionale di Firenze. Una bella cerimonia, resa viva e partecipe dagli interventi che sono seguiti a quello sopra riportato.

(email inviata da Urbano e Paola).


Cerimonia dell'addio

Cerimonia dell'addio (IV)



Ciao, Giorgia

(Firenze, cappelle del commiato di Careggi,  20 luglio 2007).



Io vivere vorrei addormentato

entro il dolce rumore della vita.

Sandro Penna



Lo scheletro allegro

E’ una storia scritta da due bambine a seguito di una discussione nata in classe riguardante il tema della morte. Le autrici della storia hanno proiettato nella loro proiezione letteraria l'aspirazione tendente a far sì che anche la morte, sotto le sembianze di uno scheletro burlone, possa assumere una dimensione umana e venga quindi accettata nel contesto della nostra destinazione esistenziale. Lo scheletro nella simbologia ricorrente ha una funzione ammonitrice e terrorifica, nella storia e nella invenzione filmica fa di tutto invece, per essere accettato. Si mostra gentile con i più deboli, scatena l'ilarità e quando giunge nel "Paese dei dormiglioni", un deserto dove la vita, ridotta a puro meccanismo, è controllata da robot e oscuri gendarmi, finisce per inmergere tutti in un flusso d'allegria. Il deserto si riempie di fiori. Anche lo scheletro getta la maschera, dentro la tuta funebre c'è una bambina che ride, balla e fa ondeggiare i capelli. Quante volte sono state costruite maschere di paura per tenere gli uomini lontani dalla verità!

Luciano Gori maestro elementare di Giorgia.



Perchè viviamo

Ognuno di noi è su questa terra per una breve visita; egli non sa il perchè, ma assai spesso crede di averlo capito.

Qual e il senso della nostra esistenza, qual e il significato dell'esistenza di tutti gli esseri viventi in generale?

Il saper rispondere a una siffatta domanda significa avere sentimenti religiosi.La più bella sensazione è il lato misterioso della vita.

Chi non è più in grado di provare né stupore né sorpresa è per cosi dire morto; i suoi occhi sono spenti. L'impressione del misterioso, sia pure misto a timore, ha suscitato, tra l'altro, la religione.

Sapere che esiste qualcosa di impenetrabile, conoscere le manifestazioni dell'intelletto più profondo e della bellezza più luminosa, che sono accessibili alla nostra ragione solo nelle forme più primitive, questa conoscenza e questo sentimento, ecco la vera devozione: in questo senso, e soltanto in questo senso, io sono fra gli uomini più profondamente religiosi.

Non posso immaginarmi un Dio che ricompensa e che punisce l'oggetto della sua creazione, un Dio che soprattutto esercita la sua volontà nello stesso modo con cui l'esercitiamo su noi stessi.

Non voglio e non possono figurarmi un individuo che sopravviva
alla sua morte corporale: quante anime deboli, per paura e per egoismo ridicolo, si nutrono di simili idee.

Mi basta sentire il mistero dell'eternità della vita, avere la coscienza e l'intuizione di ciò che è, lottare attivamente per afferrare una particella, anche piccolissima, dell'intelligenza che si manifesta nella natura.


Albert Einstein



“(..) Di proposito non me la sento di considerare Dio troppo lontano, niente a che vedere con lo stupefacente Dio degli antichi Ebrei, e ciò perché non credo che questo concetto  sia giusto, per quanto impressionante possa essere.  Posso spiegare la differenza tramite una vecchia storiella spagnola. Un giorno Dio, sotto mentite spoglie , incontra un contadino che cammina lungo la strada e gli chiede “Dove stai andando?” Al che il contadino risponde “A Saragozza” dimenticando di aggiungere la chiosa obbligatoria nel medioevo “Se Dio vuole”.  A causa di questa mancanza di rispetto Dio trasforma il contadino in una rana e la spedisce nella pozza più vicina.  Dopo avere osservato la rana sguazzare per un po’ Dio inverte la trasformazione e dice al contadino , una volta ripresa la forma umana “Ed ora dove vai?” Al che il contadino risponde “ A Saragozza o nella pozza!” . Gli irosi dei del mondo antico avrebbero rispedito il contadino nella pozza. Il mio Dio per contro si sarebbe assicurato che arrivasse a   Saragozza.  Un errore di tutte le religioni fondamentaliste è che il loro Dio non ha senso dell’humor. Ciò perché le religioni fondamentaliste si mantengono per lungo tempo per mezzo di rituali che per loro natura non hanno alcun senso dell’humor.

Ma la vera questione è che Dio non è onnipotente, Dio non può eludere il male rappresentato dal decadimento (n.d.t. termodinamico) perché la questione non è di quelle su cui si può scegliere. Se c’è un universo c’è decadimento. Se non c’è decadimento, non c’è universo. Fate la vostra scelta. (..)  Il fenomeno della vita è un modo estremamente intelligente per sconfiggere il decadimento, e se si potesse trovare una soluzione anche al problema della “coscienza individuale”, avremmo una soluzione completa. Al giorno d’oggi ci si parano davanti gli opposti estremi, rappresentati da una visione atea e da una visione fondamentalista, e a mio parere in entrambi i casi siamo nei guai.  La visione atea di un universo che sembra esistere senza scopo e nel contempo possiede una squisita struttura logica a me pare ottusa, mentre le perpetue liti dei gruppi religiosi fondamentalisti sono ancora peggio.  Nessuna delle liti religiose che ho mai visto o di cui sono venuto a conoscenza, vale la morte di un solo bambino. Si possono concepire vari universi definiti da forme differenti di vincoli matematici. Quello che io sospetto è che i vincoli che definiscono il nostro universo non siano vincoli qualsiasi. I vincoli sono ottimizzati per le conseguenze che ne derivano. O, detta in altre parole, Dio sta facendo del suo meglio, e gravarLo del concetto di onnipotenza è un grossolano insulto, un insulto perpetrato da persone che non meritano il grande sforzo che è stato intrapreso per loro stesso conto."

 Fred Hoyle (Scienziato astronomo inglese)



Io non sono mai morta.

Non di me vi dovete preoccupare,

ma di voi stessi, che non siate mai dei morti

che si muovono sulla terra,

che non vediate mai la vita sopravvivere,

che non vi capiti di essere morti prima di morire!

Vivi oltre me con tanta forza pura,

non voglio che vacillino

il tuo riso né i tuoi passi,

non voglio che muoia la mia eredità di gioia;

non bussare al mio petto, sono assente,

vivi nella mia assenza come in una casa.

E’ una casa sì grande l’assenza:

E’ una casa sì trasparente l’assenza,

che senza vita io ti vedrò vivere”.


...”Dietro una balza ho filmato i ragazzi che si tengono per mano e correndo superano questo dislivello erboso con un grande salto. L’ultimo rullino si interrompe qui. Sono visi felici e coloriti. Nel salto qualcuno ruzzola, ma si rialza e corre via felice. Nelle ultime sequenze è rimasto impressionato l’orizzonte vuoto con i fili d’erba e le nuvole che ci ruzzolano sopra”.

Luciano, maestro elementare di Giorgia.



Questo è il testo del primo intervento fatto stamani davanti alla bara di Giorgia De Fanti da uno dei presenti a nome dei genitori dei ragazzi della vecchia classe delle elementari di Giorgia, morta in un campeggio della Croazia per cause naturali a poco meno di 40 anni. Era la classe di Simone, nostro figlio, e c'era come maestro il compianto Luciano Gori a cui è oggi intestata la biblioteca comunale dell'Isolotto, la più frequentata dopo la Nazionale di Firenze. Una bella cerimonia, resa viva e partecipe dagli interventi che sono seguiti a quello sopra riportato.

(email inviata da Urbano e Paola).


giovedì 19 luglio 2007

Cerimonia dell'addio (III)


Interpellato per questo problema da Ubaldo Cipriani mi sono recato all'OFISA ove mi é stato confermato quanto comunicato a tutti da Cipriani stesso : nulla osta a che la bara chiusa sia trasportata in un locale del Quartiere e vi stazioni per un'ora e mezza-due ore per consentire l'espletamento di una cerimonia funebre di carattere civile.Marco Ricca.


NB. Marco Ricca è consigliere comunale del comune di Firenze.

Cerimonia dell'addio (III)


Interpellato per questo problema da Ubaldo Cipriani mi sono recato all'OFISA ove mi é stato confermato quanto comunicato a tutti da Cipriani stesso : nulla osta a che la bara chiusa sia trasportata in un locale del Quartiere e vi stazioni per un'ora e mezza-due ore per consentire l'espletamento di una cerimonia funebre di carattere civile.Marco Ricca.


NB. Marco Ricca è consigliere comunale del comune di Firenze.

Cerimonia dell'addio (II)


UAAR - Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti

Membro associato di IHEU - International Humanist and Ethical Union



C.P. 749, 35122 PADOVA  Tel/Segr/Fax: 049.8762305

E-mail: info@uaar.it  Sito web: www.uaar.it

­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­

Comitato di Presidenza

Laura Balbo - Carlo Flamigni - Margherita Hack -

Dànilo Mainardi - Piergiorgio Odifreddi -

Pietro Omodeo - Floriano Papi - Valerio Pocar - Emilio Rosini - Sergio Staino



Coordinatore del circolo fiorentino Baldo Conti

(Via Margaritone d'Arezzo 7, 50143 Firenze - Tel/Segr/Fax 055 711156,

Cell. 335 5464512 - mail: firenze@uaar.it -

Università (diretto) 055 2288.201/307)

­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­





Cosa impedisce alla buona volontà espressa dal

presidente del Q4 di mettere in atto una decisone

condivisa e preannunciata da tempo?



Cosa si frappone fra un saluto a Giorgia e un diniego inatteso?



Quale ostacolo sembra più insuperabile di una

burocrazia questa volta apparentemente disponibile?



Cosa hanno in più le chiese per poter accogliere

chi non trova posto nella casa del vivere civile?



Circolo UAAR - Firenze

Baldo Conti

Marco Accorti

Cerimonia dell'addio (II)


UAAR - Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti

Membro associato di IHEU - International Humanist and Ethical Union



C.P. 749, 35122 PADOVA  Tel/Segr/Fax: 049.8762305

E-mail: info@uaar.it  Sito web: www.uaar.it

­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­

Comitato di Presidenza

Laura Balbo - Carlo Flamigni - Margherita Hack -

Dànilo Mainardi - Piergiorgio Odifreddi -

Pietro Omodeo - Floriano Papi - Valerio Pocar - Emilio Rosini - Sergio Staino



Coordinatore del circolo fiorentino Baldo Conti

(Via Margaritone d'Arezzo 7, 50143 Firenze - Tel/Segr/Fax 055 711156,

Cell. 335 5464512 - mail: firenze@uaar.it -

Università (diretto) 055 2288.201/307)

­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­





Cosa impedisce alla buona volontà espressa dal

presidente del Q4 di mettere in atto una decisone

condivisa e preannunciata da tempo?



Cosa si frappone fra un saluto a Giorgia e un diniego inatteso?



Quale ostacolo sembra più insuperabile di una

burocrazia questa volta apparentemente disponibile?



Cosa hanno in più le chiese per poter accogliere

chi non trova posto nella casa del vivere civile?



Circolo UAAR - Firenze

Baldo Conti

Marco Accorti

mercoledì 18 luglio 2007

Cerimonia dell'addio (I)


From Urbano Cipriani



Sent: Wednesday, July 18, 2007 9:40 PM

Subject: Cerimonia di addio




Al Presidente del Quartiere 4 di Firenze (messaggio aperto).

Venerdi prossimo 20 luglio, alle Cappelle del commiato di Careggi, avrà luogo un incontro di amici e conoscenti di Elsa De Fanti per un rito di addio presente la salma della figlia Giorgia, ex alunna della scuola elementare della Montagnola e allieva del compianto maestro Gori. La famiglia aveva chiesto una breve esposizione della salma in cassa chiusa a Villa Vogel per una cerimonia d'addio più partecipata, ma dal Quartiere è stato risposto che non era possibile. Mi sono interessato presso la OFISA ed ho avuto risposta che Nulla Osta, sul piano tecnico e di regolamento, a che la salma chiusa nella cassa possa essere trattenuta per un'ora e mezzo o due presso qualsiasi struttura che accetti di accoglierla, ivi comprese le strutture pubbliche. Cioè non occorrono permessi, licenze, collaudi e quant'altro. Con la presente sono a domandare le motivazioni che hanno indotto la Circoscrizione n.4 di Firenze a dare il parere negativo alla richiesta della famiglia.

Con distinta stima, Urbano Cipriani.
Cerimonia dell'addio (I)


From Urbano Cipriani



Sent: Wednesday, July 18, 2007 9:40 PM

Subject: Cerimonia di addio




Al Presidente del Quartiere 4 di Firenze (messaggio aperto).

Venerdi prossimo 20 luglio, alle Cappelle del commiato di Careggi, avrà luogo un incontro di amici e conoscenti di Elsa De Fanti per un rito di addio presente la salma della figlia Giorgia, ex alunna della scuola elementare della Montagnola e allieva del compianto maestro Gori. La famiglia aveva chiesto una breve esposizione della salma in cassa chiusa a Villa Vogel per una cerimonia d'addio più partecipata, ma dal Quartiere è stato risposto che non era possibile. Mi sono interessato presso la OFISA ed ho avuto risposta che Nulla Osta, sul piano tecnico e di regolamento, a che la salma chiusa nella cassa possa essere trattenuta per un'ora e mezzo o due presso qualsiasi struttura che accetti di accoglierla, ivi comprese le strutture pubbliche. Cioè non occorrono permessi, licenze, collaudi e quant'altro. Con la presente sono a domandare le motivazioni che hanno indotto la Circoscrizione n.4 di Firenze a dare il parere negativo alla richiesta della famiglia.

Con distinta stima, Urbano Cipriani.