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domenica 3 agosto 2008

Eluana Englaro

Siamo al trionfo dell’ipocrisia. Sono almeno sette anni che il Parlamento, governato per cinque anni dal centrodestra e per due dal centrosinistra, non riesce, o meglio non vuole legalizzare il testamento biologico. Poi, finalmente, la Corte di Cassazione accoglie uno dei tanti ricorsi presentati dal padre di Eluana Englaro sulla base di un articolo della nostra Costituzione che dice esattamente: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.  Di conseguenza, la Cassazione rinvia il caso ai giudici milanesi, disponendo di accertare quale era l’effettiva volontà di Eluana quando era capace di intendere e di volere e quindi di decidere in conformità. I giudici, dopo aver accertato sulla base di varie circostanze che Eluana non avrebbe voluto essere sottoposta al trattamento che l’affligge da 16 anni, autorizzano il padre al distacco del sondino nasogastrico.

Succede il finimondo. La Chiesa ed i politici filoclericali di ambedue gli schieramenti (ma in maggior parte del centrodestra) si scatenano per impedire a papà Englaro di eseguire una sentenza emessa in nome del popolo italiano e in aderenza alla Costituzione repubblicana. Il tribunale di Milano ricorre contro una sentenza dei suoi giudici.

Il senatore Cossiga propone addirittura un “conflitto di attribuzione” davanti la Corte Costituzionale fra i poteri del Parlamento e quelli della Magistratura.
Tale proposta viene approvata a maggioranza dai due rami del Parlamento, dimenticando che se veramente esistesse un “buco nella rete del diritto” sarebbe appunto compito e dovere del Parlamento colmarlo, approvando una legge che per sette anni non ha voluto approvare.

E la ciliegina sulla torta dell’ipocrisia la mette il Senato. Infatti, prevedendo che la Corte Costituzionale respingerà – come è naturale - la tesi di un “conflitto di attribuzione” fra i poteri dello Stato, il Senato ha deliberato all’unanimità di approvare entro il 2008 la legge per il testamento biologico.

In tal modo i senatori “filoclericali” intendono stabilire per legge che l’alimentazione e l’idratazione artificiale NON COSTITUISCONO trattamento sanitario e NON VIOLANO il rispetto della persona umana, e pertanto NON RIENTRANO nei casi previsti dall’art. 32 della Costituzione, mentre i senatori “laici”  intendono stabilire il contrario. E poiché i primi sono molto di più dei secondi, è facile prevedere come andrà a finire.

Con buona pace  della laicità delle istituzioni, della autodeterminazione della persona umana e dello Stato di diritto. 
 

Giampietro Sestini







***************************************************

LiberaUscita

Associazione nazionale laica e apartitica

per la legalizzazione del testamento biologico

e la depenalizzazione dell'eutanasia 

Via Genova, 24 - 00184 Roma

apertura sede: lun-merc-ven. ore 8:30 - 10:30

tel e fax: 0647823807

sito web: www.liberauscita.it 

email: info@liberauscita.it 


824 - UNA LIBERA SCELTA PER ELUANA - DI ENZO MAZZI

da: il manifesto, di venerdì 11 luglio 2008

E’ un annuncio di liberazione e di resurrezione la sentenza della Corte D'Appello di Milano che accoglie il reclamo del padre di Eluana, la ragazza in coma irreversibile da sedici anni. Lo è per lei e per tutti noi che amiamo la vita e amiamo quindi la sua intrinseca finitezza. Scusate l'enfasi che mi è suggerita dal clima regressivo in campo etico che stiamo vivendo in Italia da molti anni senza un barlume di speranza. E insisto. Beppino Englaro potrà dare di nuovo la vita a sua figlia, quasi generarla di nuovo. Sospendendo l'alimentazione forzata potrà compiere nei confronti della figlia il gesto generativo più forte. E sarà anche la scelta più densa di fede cristiana.

Sarà come un secondo battesimo, non in senso ritualista, ma come immersione nella dimensione della resurrezione, cioè della vita che perennemente rinasce. L'impietosa e ottusa intransigenza delle gerarchie vaticane è ancora una volta il segno di una inadeguatezza di fronte alle grandi trasformazioni che investono ormai tutti i campi del vivere ed evidenzia una forte contraddizione dal punto di vista della stessa fede cristiana. Ma può essere anche il segno della estrema debolezza in cui si trova il sistema del dominio del sacro, mi scuso per l'approssimazione, che fin dagli inizi della storia è fondato sull'ancestrale paura della morte.

Tutti i sistemi di potere per affermarsi e mantenersi hanno sfruttato a piene mani la paura della morte. A cominciare dal potere attribuito a Dio in quasi tutte le religioni e culture. Dio e morte sono considerati da sempre nemici inconciliabili fra loro, ma in un certo senso anche alleati perché Dio usa la morte come strumento di condanna per il peccato.

Ed è proprio questo binomio di opposti, Dio/morte, che forse è in crisi, già dal tempo di Francesco d'Assisi che cantava la morte-sorella. Su di esso occorre lavorare per portare un po' avanti la nostra liberazione dalla paura.

Sul tema dell'eutanasia molto si parla in termini politici, biologici, medici, giuridici. E già questo è un segno di maturazione della coscienza collettiva. Poco si è parlato e si parla però delle radici inconsce che condizionano le nostre scelte, fra cui certamente il binomio Dio/morte.

Al fondo dei problemi etici che agitano il nostro tempo c'è questo Dio tene­ro per certi aspetti e terrificante per altri c'è questo Dio che ci ama fino a in­carnarsi e sacrificarsi per salvarci dal peccato ma ci condanna a assaporare fino in fondo la sofferenza, anche se si fa insopportabile, una sofferenza si ba­di bene che lui stesso ci manda e ci im­pone finché lui vuole, nella sua imper­scrutabile volontà e provvidenza. E se pretendiamo sostituirci a lui nel decide­re, sostenuti e moderati dalla rete delle relazioni affettive e tecniche, quando è il momento di rifiutare una sofferenza il cui scopo è solo la tortura per se stes­sa, ci condanna alla seconda morte, cioè a quella eterna dell'anima.

Della paura sono vittime preti, medi­ci, cattolici in genere. Ma anche tanti laici.

La paura del binomio divinità/morte è sepolta da millenni nell'inconscio col­lettivo, nella zona più oscura della vita individuale e sociale. Quella paura non basta esorcizzarla con esercizi pura­mente mentali; non ritengo sufficiente ad esempio il negazionismo ateista. Perché dal profondo emerge in forme mascherate.

La paura, sepolta nella zona più oscu­ra della vita, ha bisogno innanzi tutto di essere riconosciuta, narrata e analizzata. Le emergenze etiche posso essere l'occasione per dare finalmente cittadi­nanza a esperienze essenziali del vivere umano.

Il problema è che da soli non ci si rie­sce e mancano luoghi per socializzare tali elaborazioni e esperienze. O forse non si cercano.

Commento. L’articolo di Enzo Mazzi, ex-sacerdote della comunità l’Isolotto di Firenze, è molto importante perché rappresenta l’altro modo con cui la Chiesa cattolica potrebbe svolgere il suo ruolo nella società moderna, un ruolo che sotto Giovanni XXIII la Chiesa aveva inaugurato ma che è stato dapprima corretto da Giovanni Paolo II e poi stravolto da Benedetto XVI. Si tratta di leggere le parole del Signore e le sacre scritture alla luce dei loro principi ispiratori: fede, speranza, carità. A titolo di esempio, riporto un passo tratto dalla prima lettera di san Paolo ai Corinzi (13, 1-13): “Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, niente mi giova. La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine… Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!”

Invece la Chiesa, anziché interpretare il gesto di papà Englaro come un segno di amore e di carità cristiana, preferisce bollarlo come assassinio, ossessionata com’è dalla “paura della morte”. Una paura forse comprensibile per un ateo, ma non certamente per coloro che credono, morendo, di vivere finalmente la vita eterna. ( Gianpiero Sestini su Il Punto n.48, periodico online di Libera Uscita).

 Nota: Enzo Mazzi non è ex-sacerdote della comunità..., ma ex parroco della parrocchia di S.Maria delle Grazie di Firenze. Questo a termine di diritto canonico vigente.

Eluana Englaro

Siamo al trionfo dell’ipocrisia. Sono almeno sette anni che il Parlamento, governato per cinque anni dal centrodestra e per due dal centrosinistra, non riesce, o meglio non vuole legalizzare il testamento biologico. Poi, finalmente, la Corte di Cassazione accoglie uno dei tanti ricorsi presentati dal padre di Eluana Englaro sulla base di un articolo della nostra Costituzione che dice esattamente: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.  Di conseguenza, la Cassazione rinvia il caso ai giudici milanesi, disponendo di accertare quale era l’effettiva volontà di Eluana quando era capace di intendere e di volere e quindi di decidere in conformità. I giudici, dopo aver accertato sulla base di varie circostanze che Eluana non avrebbe voluto essere sottoposta al trattamento che l’affligge da 16 anni, autorizzano il padre al distacco del sondino nasogastrico.

Succede il finimondo. La Chiesa ed i politici filoclericali di ambedue gli schieramenti (ma in maggior parte del centrodestra) si scatenano per impedire a papà Englaro di eseguire una sentenza emessa in nome del popolo italiano e in aderenza alla Costituzione repubblicana. Il tribunale di Milano ricorre contro una sentenza dei suoi giudici.

Il senatore Cossiga propone addirittura un “conflitto di attribuzione” davanti la Corte Costituzionale fra i poteri del Parlamento e quelli della Magistratura.
Tale proposta viene approvata a maggioranza dai due rami del Parlamento, dimenticando che se veramente esistesse un “buco nella rete del diritto” sarebbe appunto compito e dovere del Parlamento colmarlo, approvando una legge che per sette anni non ha voluto approvare.

E la ciliegina sulla torta dell’ipocrisia la mette il Senato. Infatti, prevedendo che la Corte Costituzionale respingerà – come è naturale - la tesi di un “conflitto di attribuzione” fra i poteri dello Stato, il Senato ha deliberato all’unanimità di approvare entro il 2008 la legge per il testamento biologico.

In tal modo i senatori “filoclericali” intendono stabilire per legge che l’alimentazione e l’idratazione artificiale NON COSTITUISCONO trattamento sanitario e NON VIOLANO il rispetto della persona umana, e pertanto NON RIENTRANO nei casi previsti dall’art. 32 della Costituzione, mentre i senatori “laici”  intendono stabilire il contrario. E poiché i primi sono molto di più dei secondi, è facile prevedere come andrà a finire.

Con buona pace  della laicità delle istituzioni, della autodeterminazione della persona umana e dello Stato di diritto. 
 

Giampietro Sestini







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Associazione nazionale laica e apartitica

per la legalizzazione del testamento biologico

e la depenalizzazione dell'eutanasia 

Via Genova, 24 - 00184 Roma

apertura sede: lun-merc-ven. ore 8:30 - 10:30

tel e fax: 0647823807

sito web: www.liberauscita.it 

email: info@liberauscita.it 


824 - UNA LIBERA SCELTA PER ELUANA - DI ENZO MAZZI

da: il manifesto, di venerdì 11 luglio 2008

E’ un annuncio di liberazione e di resurrezione la sentenza della Corte D'Appello di Milano che accoglie il reclamo del padre di Eluana, la ragazza in coma irreversibile da sedici anni. Lo è per lei e per tutti noi che amiamo la vita e amiamo quindi la sua intrinseca finitezza. Scusate l'enfasi che mi è suggerita dal clima regressivo in campo etico che stiamo vivendo in Italia da molti anni senza un barlume di speranza. E insisto. Beppino Englaro potrà dare di nuovo la vita a sua figlia, quasi generarla di nuovo. Sospendendo l'alimentazione forzata potrà compiere nei confronti della figlia il gesto generativo più forte. E sarà anche la scelta più densa di fede cristiana.

Sarà come un secondo battesimo, non in senso ritualista, ma come immersione nella dimensione della resurrezione, cioè della vita che perennemente rinasce. L'impietosa e ottusa intransigenza delle gerarchie vaticane è ancora una volta il segno di una inadeguatezza di fronte alle grandi trasformazioni che investono ormai tutti i campi del vivere ed evidenzia una forte contraddizione dal punto di vista della stessa fede cristiana. Ma può essere anche il segno della estrema debolezza in cui si trova il sistema del dominio del sacro, mi scuso per l'approssimazione, che fin dagli inizi della storia è fondato sull'ancestrale paura della morte.

Tutti i sistemi di potere per affermarsi e mantenersi hanno sfruttato a piene mani la paura della morte. A cominciare dal potere attribuito a Dio in quasi tutte le religioni e culture. Dio e morte sono considerati da sempre nemici inconciliabili fra loro, ma in un certo senso anche alleati perché Dio usa la morte come strumento di condanna per il peccato.

Ed è proprio questo binomio di opposti, Dio/morte, che forse è in crisi, già dal tempo di Francesco d'Assisi che cantava la morte-sorella. Su di esso occorre lavorare per portare un po' avanti la nostra liberazione dalla paura.

Sul tema dell'eutanasia molto si parla in termini politici, biologici, medici, giuridici. E già questo è un segno di maturazione della coscienza collettiva. Poco si è parlato e si parla però delle radici inconsce che condizionano le nostre scelte, fra cui certamente il binomio Dio/morte.

Al fondo dei problemi etici che agitano il nostro tempo c'è questo Dio tene­ro per certi aspetti e terrificante per altri c'è questo Dio che ci ama fino a in­carnarsi e sacrificarsi per salvarci dal peccato ma ci condanna a assaporare fino in fondo la sofferenza, anche se si fa insopportabile, una sofferenza si ba­di bene che lui stesso ci manda e ci im­pone finché lui vuole, nella sua imper­scrutabile volontà e provvidenza. E se pretendiamo sostituirci a lui nel decide­re, sostenuti e moderati dalla rete delle relazioni affettive e tecniche, quando è il momento di rifiutare una sofferenza il cui scopo è solo la tortura per se stes­sa, ci condanna alla seconda morte, cioè a quella eterna dell'anima.

Della paura sono vittime preti, medi­ci, cattolici in genere. Ma anche tanti laici.

La paura del binomio divinità/morte è sepolta da millenni nell'inconscio col­lettivo, nella zona più oscura della vita individuale e sociale. Quella paura non basta esorcizzarla con esercizi pura­mente mentali; non ritengo sufficiente ad esempio il negazionismo ateista. Perché dal profondo emerge in forme mascherate.

La paura, sepolta nella zona più oscu­ra della vita, ha bisogno innanzi tutto di essere riconosciuta, narrata e analizzata. Le emergenze etiche posso essere l'occasione per dare finalmente cittadi­nanza a esperienze essenziali del vivere umano.

Il problema è che da soli non ci si rie­sce e mancano luoghi per socializzare tali elaborazioni e esperienze. O forse non si cercano.

Commento. L’articolo di Enzo Mazzi, ex-sacerdote della comunità l’Isolotto di Firenze, è molto importante perché rappresenta l’altro modo con cui la Chiesa cattolica potrebbe svolgere il suo ruolo nella società moderna, un ruolo che sotto Giovanni XXIII la Chiesa aveva inaugurato ma che è stato dapprima corretto da Giovanni Paolo II e poi stravolto da Benedetto XVI. Si tratta di leggere le parole del Signore e le sacre scritture alla luce dei loro principi ispiratori: fede, speranza, carità. A titolo di esempio, riporto un passo tratto dalla prima lettera di san Paolo ai Corinzi (13, 1-13): “Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, niente mi giova. La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine… Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!”

Invece la Chiesa, anziché interpretare il gesto di papà Englaro come un segno di amore e di carità cristiana, preferisce bollarlo come assassinio, ossessionata com’è dalla “paura della morte”. Una paura forse comprensibile per un ateo, ma non certamente per coloro che credono, morendo, di vivere finalmente la vita eterna. ( Gianpiero Sestini su Il Punto n.48, periodico online di Libera Uscita).

 Nota: Enzo Mazzi non è ex-sacerdote della comunità..., ma ex parroco della parrocchia di S.Maria delle Grazie di Firenze. Questo a termine di diritto canonico vigente.