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lunedì 31 ottobre 2011

Uscire dal ghetto rom




Uscire dal ghetto rom







Paola Galli e la propria esperienza con le donne della cultura romani






Costrette a sposarsi a 13 anni, magari con un uomo che nemmeno conoscono. L’orizzonte costretto nel misero interno di una bidonville. “Si parla spesso dell’importanza delle tradizioni, ma la maggior parte delle tradizioni è semplicemente arretrata, incorpora i vizi del passato”, questi i termini del confronto proposto venerdì sera al Cafè de la Paix da Paola Galli, insegnante e scrittrice, impegnata da anni in diversi ambiti del sociale. Tema dell’incontro l’attuale condizione delle donne rom in Italia, parte di un programma più vasto organizzato dalla cooperativa il Germoglio per favorire una maggiore comprensione della cultura romanì. Dopo il primo incontro dedicato alla lettura di brani del testo “Zingari, storia di un’emergenza annunciata”, Paola Galli ha presentato il libro di testimonianza “Storie di donne rom”, una raccolta di appunti biografici nata dall’esperienza del laboratorio Kimete a Firenze.




“Nel quartiere dell’Isolotto c’è sempre stata una grande accozzaglia di persone diverse.  É una zona periferica, per molto tempo è stata una vera e propria bidonville – ha raccontato la scrittrice -. Molti rom hanno iniziato ad abitarci, soprattutto profughi dalla Macedonia e dal Kosovo. Con alcune donne il quartiere, supportato da una cooperativa sociale, ha iniziato un percorso di integrazione. Inizialmente sono stati organizzati dei corsi di alfabetizzazione, poi il corso di cucito che ha permesso di strutturare Kimete, il laboratorio sartoriale dove si effettuano piccole riparazioni e servizio di stireria”. La storia di questa attività è stata illustrata ai presenti attraverso la proiezione del documentario “Donne per le donne”, realizzato per il programma “Un mondo a colori” da RaiTv2.



Paola Galli ha poi approfondito la propria esperienza personale, esprimendo le proprie speranze e perplessità: “il libro è corale, raccoglie le vicende e i pensieri di due generazioni: le madri più anziane e le figlie più giovani. Non è sempre stato facile raccogliere le loro confidenze. La tradizione pesa molto sulle loro spalle: quelle considerate anziane hanno magari solo quarant’anni, ma possono ricordare un matrimonio imposto appena adolescenti, le botte della suocera, l’incapacità di gestire le prime gravidanze. Le figlie spesso accettano le stesse imposizioni, come il non poter scegliere il compagno della vita, reclutato dai genitori anche all’estero, ma lo fanno consapevoli della loro ingiustizia. Il desiderio di cambiamento è forte”.



Tanto che qualcuna osa ribellarsi. Come il caso di una delle testimoni cui il libro dà voce, “spedita” in Germania per un matrimonio combinato e tornata in Italia dopo un anno, fuggita da una casa che era diventata una prigione e da una relazione coniugale al’interno della quale il suo ruolo non andava oltre il sentirsi serva del marito.



Luciana Tufani, l’editrice che ha pubblicato il libro e ha introdotto la serata, ha considerato come “la situazione non è diversa da quella vissuta dalle donne italiane cinquanta anni fa. Si subivano grandi pressioni, ma si iniziava a essere coscienti della loro iniquità. Per iniziare a cambiare sul serio è servita l’indipendenza economica”.



Il ghetto è secondo Paola Galli l’ostacolo più difficile da superare: “bisogna che si abituino a vivere con il resto della città. Le più giovani hanno fatto la terza media, e almeno fino a quell’età – prima di andare spose – hanno potuto godere di una minima socializzazione con la realtà esterna. Per gli uomini è diverso, loro escono e hanno più coscienza di ciò che accade nel mondo, anche a livello economico e politico. Le donne è come se vivessero in una scatoletta, dove tutti si guardano e controllano. Le giovani generazioni a contatto con il mondo crescono, mutano, ma affinché questo percorso si realizzi è necessario un discorso serio sul valore della tradizione”.



Licia Vignotto



 



da Estense.com  22 ottobre 2011



lunedì 24 ottobre 2011

“Un uomo coraggioso, simbolo di un’epoca”


Enrico Rossi - Presidente Regione Toscana




Morte Don Mazzi, Rossi: “Un uomo coraggioso, simbolo di un’epoca”




FIRENZE  – “Don Enzo Mazzi è stato e resterà il simbolo di un’epoca, di una trasformazione profonda che ha coinvolto la nostra società e che ha visto in lui una delle più rilevanti avanguardie”, così il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ha espresso la propria amarezza per la notizia della scompara di Don Enzo Mazzi, parroco dell’Isolotto a Firenze rimosso da questo incarico nel 1968 dopo un lungo braccio di ferro con le gerarchie ecclesiastiche. “E’ stato un uomo coraggioso ed un sacerdote di grandissima personalità e di profondo spirito critico – ha continuato Rossi - nemico delle ingiustizie sociali e attento ai più deboli. Un esempio per tutti, cattolici e non. Per questo la sua morte addolora e spinge ad una riflessione. Voglio sperare che la sua eredità morale prosegua nella Comunità dell’Isolotto da lui fondata a Firenze e possa continuare a scuotere la morale della nostra società. Le mie condoglianze alla famiglia ed alla sua Comunità”.


Grazie Don Enzo


Cari amici della Comunità,



Certamente la presenza fisica di Don Enzo non sarà più con noi, ma tutto quello che ci ha insegnato rimane in ognuno di noi per continuare, in qualunque luogo saremo e con la stessa forza, nella lotta a favore dei nostri fratelli più poveri, che sono i prediletti del Signore. Tutte le volte che mi succederà di lavorare e lottare in mezzo a loro, allora in quei momenti avvertirò più forte la presenza di Don Enzo. Ringrazio la vita per avermi consentito di conoscere lui e tutti quanti voi.



Grazie Don Enzo per il tuo affetto, la tua esperienza di vita, la tua chiarezza nel vedere le cose, la tua capacità di analisi e sintesi, e per questa grande speranza che hai condiviso con noi.



Un grande abbraccio con tutto il mio affetto.



Chaby Leon



 



Caro Enzo e carissimi tutti,



In questo momento triste di dolore e di lutto, ci è di consolazione pensare che pur nell'assenza fisica di Don Enzo, il suo insegnamento vive dentro ciascuno di noi con gli importanti valori che ci ha trasmesso per il presente ed il futuro, a cominciare dalla lotta per la solidarietà e per un mondo più giusto e più equo, da portare avanti quotidianamente, al di fuori delle gerarchie e degli spazi istituzionali del potere, oggi ridotti ad una politica non più in grado di guardare avanti, autoreferenziale e vuota di contenuti concreti.



Ricorderemo sempre con profondo affetto la sua umanità e cordialità, lo spirito di iniziativa che lo caratterizzava, l'attenzione verso gli altri e gli ultimi, nella ricerca di una dimensione nuova e comunitaria che potesse rappresentare una speranza solidale e un momento di socialità di fronte ad un mondo difficile, privo di punti di riferimento, per molti versi brutale e sfigurato com'è quello in cui viviamo.



Ci tornano in mente le sue riflessioni sulla finitezza umana e sulla morte, ma adesso che anch'egli farà ritorno in quella totalità da cui tutti più o meno discendiamo, vorrei dire anch'io, come gli antichi abitanti di Pompei scrivevano sugli epitaffi, SIT TIBI TERRA LEVIS (che la terra ti sia leggera...).



Un abbraccio forte



Giuliano Pelfer


"Gesù, l'invenzione del Dio cristiano"


Giovedì 24 ottobre a Reggio Emilia sarà presentato il libro di Paolo Flore d'Arcais "Gesù, l'invenzione del Dio cristiano". E' un piccolo libro divulgativo (127 pagine, 5 euro) che sulla scorta della più aggiornata storiografia, mostra come Gesù di Galilea non abbia nulla a che fare con il Cristo, Seconda Persona della Trinità, che la Chiesa ha dogmatizzato all’inizio del quarto secolo nel Concilio di Nicea. Gesù era solo un profeta ebreo che proclamava l’incombente fine del mondo e l’avvento del Regno di Dio: mai si proclamò “messia” e meno che mai pensò di fondare una nuova religione. A mostrarlo sono gli stessi testi del Nuovo Testamento, in una lettura critica ormai consueta tra gli storici ma ancora “stupefacente” per molti credenti e non credenti. Qui sotto la locandina con le altre informazioni.

Giampietro Sestini





 



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I LAICI TENDONO A DIFENDERSI, E' ORA DI ATTACCARE 





 news n. 42 del 18.10.2011

 

 

 

Lunedì 24.10.2011 ore 18,00

 aula 1 (di fronte aula magna)

sede reggiana dell'Università MO/RE

v.le Allegri, 9 RE



incontro pubblico promosso da Iniziativa Laica



Paolo Flores d'Arcais

(direttore MicroMega)

e Augusto Ditel

(direttore Gazzetta di Reggio)



parleranno del libro



Gesù, l'invenzione del Dio cristiano



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sul sito www.iniziativalaica.it si possono già vedere gli

incontri delle 'Giornate della laicità 2011' con:

Platone e Pellizzetti /  Odifreddi/ Flores d'Arcais e don Molari / D'Orsi / Giorello / Cordero / Flamigni / Pievani /

Giorello e don Molari.



Nelle prossime settimane inseriremo gli altri incontri.



Per vederli andare in 'categorie' e cliccare

su 'giornate della laicità'



 

 

 

 


sabato 22 ottobre 2011

21 ottobre 2011 - Ciao, Enzo.



Un ricordo, anche a nome di Firenze











per il video clicca sulla foto.

martedì 18 ottobre 2011

La causa prima di tutte le guerre

Contraccettivi e sovrappopolazione globale - di Daniele Raimondi



«Immagini una provetta piena di cibo. A mezzogiorno in punto, lei ci mette dentro un’ameba. Questo organismo unicellulare si divide in due, producendo una cellula gemella ogni minuto così, a mezzanotte, dentro la provetta ci sono solo amebe e niente cibo. A che ora, secondo lei, la provetta era per metà occupata dalle amebe e per l’altra metà dal cibo? Quasi tutti dicono alle sei del pomeriggio, cioè a metà tra mezzogiorno e mezzanotte. Ma la risposta corretta è a mezzanotte meno un minuto. E fino a quel momento le amebe pensavano: “Ehi, va tutto bene”. Tra poco ci sarà più gente di quanto la Terra possa sostenere».



Questa dichiarazione è stata rilasciata dalla scrittrice, poetessa e attivista ambientale canadese Margaret Atwood, intervistata da Vanity Fair il 2 giugno 2010. Con la consueta ironia, volta a sensibilizzare le masse su temi etici e politici, l’aforisma intende mostrarci il vero significato di crescita esponenziale e le vere conseguenze di tale fenomeno, se rapportato alla vita degli organismi che popolano un determinato habitat.



Sul nostro pianeta (che per quanto grande è pur sempre finito), siamo noi le amebe nella provetta: lo sviluppo tecnologico e il benessere di cui disponiamo ha portato, negli ultimi 50 anni, ad una crescita demografica senza precedenti che, aggravata dal conseguente aumento nelle richieste di risorse, potrebbe condurre rapidamente ad una condizione di gravissima insostenibilità. Le stime disponibili mostrano come la popolazione terrestre raggiungerà i9.3 miliardi nel 2050 e i 10.1 miliardi nel 2100, sospinta principalmente dagli alti tassi di crescita delle regioni meno sviluppate del pianeta, principalmente Africa ed Asia.



Una simile situazione potrebbe aggravare una serie di problemi già esistenti, come la scarsità dell’acqua potabile, l’esaurimento delle risorse naturali, l’innalzamento dei livelli di inquinamento e la perdita di interi ecosistemi a causa della deforestazione, fino a causare guerre che potrebbero mettere in crisi economia, welfare e stati di diritto. Su questi apocalittici scenari esiste da tempo un dibattito che ha avuto contributi illustri, tra cui quelli di Malthus, Galton e B. Russell.



Nel 1974 Isaac Asimov aveva sollevato il problema, guardando angosciato anche solo ai primi anni del 21esimo secolo: “In tutta la storia della terra ci sono stati dei periodi in cui una determinata specie [...]ha temporaneamente incrementato la sua popolazione. [...] Un aumento delle risorse alimentari, il buon clima, il calo del numero dei predatori , ne ha determinato il successo. Ma sempre, successivamente la popolazione è diminuita ancora, e sempre allo stesso modo, per un aumento del tasso di morti. La sovrappopolazione di una specie viene limitata dalla morte per fame [e malattie legate alla malnutrizione, ndr]. Non temete, la stessa cosa accadrà all’umanità. Il tasso di morti aumenterà, e moriremo di fame, malattie e violenza. Ma accidenti, dobbiamo proprio controllare il nostro numero alla stessa maniera delle altre specie animali? Noi possediamo qualcosa che le altre specie non hanno: la mente. Possiamo elaborare delle previsioni. Possiamo pianificare. Possiamo individuare delle soluzioni più umane. E la soluzione più umana è abbassare il tasso di nascite. Nessuna specie mai, ha volontariamente diminuito il proprio tasso di nascite allo scopo di contenere la popolazione, perché semplicemente non sapeva niente del tasso di nascite, di come controllarlo e che ci fosse un problema di sovrappopolazione».



Tra tutte le possibili proposte per fronteggiare il problema della sovrappopolazione globale, quella del controllo delle nascite sembra essere la più attuabile, se applicata in maniera uniforme e democratica, garantendo il rispetto dei diritti inalienabili e mantenendosi quindi ben lungi da deliri eugenetici e da allucinanti campagne di sterilizzazione forzata (proposte e praticate, per i motivi più disparati, in varie parti del mondo). Dato che al mondo il 40% delle gravidanze è non pianificato, si potrebbe prima di tutto puntare sull’informazione e sulla sensibilizzazione delle masse, cercando di imbastire un sistema di pianificazione delle nascite a livello globale, basato sulla duplice e rinnovata consapevolezza sia degli aspetti della genitorialità che dellasovrappopolazione, magari usando i birth credits (proposti da Michael Arth) in modo da distribuire democraticamente (basandosi sulla responsabilizzazione dei futuri genitori) il giusto numero di permessi di concepire figli, a livello mondiale.



Anche Richard Dawkins, a poca distanza da Asimov (nel 1976), si è occupato del problema: «È una semplice verità logica che, senza un’emigrazione in massa nello spazio, [...]un ritmo delle nascite incontrollato porterebbe inevitabilmente a un ritmo di morti orribilmente alto. È difficile credere che questa semplice verità non venga compresa da quei capi che proibiscono ai loro seguaci di usare metodi efficaci di contraccezione. Esprimono una preferenza per metodi “naturali” di controllo della popolazione e otterranno effettivamente un metodo naturale: si chiama morire di fame. La contraccezione talvolta viene attaccata perché considerata innaturale. È vero, è fortemente innaturale. Il problema è che anche lo stato assistenziale è innaturale. Penso che la maggior pare di noi creda che lo stato assistenziale sia una cosa positiva, ma esso non può esistere se non esiste anche un controllo delle nascite (innaturale), altrimenti il risultato finale sarà una miseria ancora maggiore di quella che si ha in natura». Dawkins ha spostato però l’attenzione verso un altro punto, comunque legato al problema dell’istruzione: l’opposizione irrazionale all’utilizzo di metodi contraccettivi, indispensabili per ogni sistema volontario di controllo delle nascite.



Tra le principali religioni, la maggiore ostilità verso la contraccezione si ha nel cristianesimo: la Chiesa Cattolica, in particolare, si è sempre strenuamente opposta a questa pratica. Nonostante il breve spiraglio che si è intravisto in una recente intervista a Ratzinger, l’opposizione ai metodi contraccettivi è piuttosto sedimentata, dato che già nell’enciclica Casti Connubii, promulgata nel 1930 da Pio XI, si legge: «Qualsiasi uso del matrimonio esercitato in modo tale che l’atto sia deliberatamente frustrato nel suo naturale potere di generare la vita è una offesa verso la legge di Dio e verso la natura, e coloro che indulgono [in tali comportamenti, ndr]sono marchiati con la colpa di un grave peccato».



Nel Vademecum per i Confessori, Riguardo Alcuni aspetti morali della vita coniugale, viene ribatido: «La contraccezione, direttamente opposta alla trasmissione della vita, tradisce e falsifica l’amore altruista e proprio del matrimonio [...] e va contro il disegno di Dio dell’amore» e «la Chiesa ha sempre insegnato il male intrinseco alla contraccezione, cioè di ogni atto coniugale reso intenzionalmente infecondo. Questo insegnamento deve essere conservato definitivo ed immutabile».



Nell’Enciclica Humanae Vitae, rilasciata da Paolo VI nel 1968 si legge, nel paragrafo intitolato«Conseguenze dei metodi artificiali [di contraccezione]»: «Un altro effetto che desta preoccupazione è che un uomo che cresce abituandosi all’uso di metodi contraccettivi potrebbe dimenticare il rispetto dovuto alla donna e, disgregando il suo [di lei] equilibrio psico-fisico, redurla ad un mero strumento per la soddisfazione dei suoi [di lui] desideri». Ai credenti non resta quindi che applicare le già citate tecniche naturali per attuare il cosiddetto Natural Family Planning, rigorosamente basato su metodi approvati dalla Chiesa, quali l’astinenza (principalmente) e l’utilizzo dei periodi di infertilità naturale della donna (mestruazioni, allattamento, menopausa).



Dal tipo di risposta che l’umanità darà a questo problema, dipenderà probabilmente ilfuturo stesso del genere umano. Sicuramente, anche se ormai abbiamo capito che Dio non apprezza i condoms, c’è comunque motivo di credere che sarebbe quantomeno un po’ stizzito se il suo popolo eletto facesse una brutta fine proprio per non averli usati, secondo la famosa massima di Bertrand Russell: «La maggior parte degli uomini preferirebbe morire piuttosto che riflettere. In fondo è quello che fanno».

(Daniele Raimondi - Newsletter di "Cronache laiche")

 



sabato 15 ottobre 2011

Libero Stato in libera Chiesa


Riportiamo qui sotto la "lettera" di Federico Orlando, socio onorario di LiberaUscita, sull’importanza fondamentale di un rilancio della cultura laica nel nostro Paese mediante la costituzione di un "pre-partito". Forse, visto che in Italia vige il maggioritario e le elezioni si possono vincere anche con soli 24.000 voti di scarto, l’obiettivo può essere raggiunto non necessariamente attraverso un “partito” bensì mediante una forte "lobby" laica, che riesca a condizionare, al pari della Chiesa, i risultati elettorali.

Per fare ciò da tempo sosteniamo che occorre dare vita ad un COMITATO LAICO NAZIONALE, ossia un nuovo CLN guidato da personalità notoriamente laiche, stimate, credibili, conosciute non soltanto in Italia ma anche a livello internazionale e per questo in grado di “bucare” i mass-media.

I cittadini che si riconoscono nel principio della laicità dello Stato sono milioni: affinché le loro opinioni contino occorre una leadership autorevole che li rappresenti e sappia dare le indicazioni giuste, in particolare nei momenti elettorali. Alcune iniziative in tal senso già esistono e sono meritorie, ma anche del tutto insufficienti e inadatte a gestire un simile compito. Le varie “Consulte”, i vari “Comitati” e le tantissime associazioni laiche operanti su tutto il territorio potrebbero invece prendere l’iniziativa di pubblicare sulla stampa quotidiana un’intera pagina con un appello da loro firmato e rivolto alle tante personalità della società civile notoriamente laiche affinché si coordino fra loro e diano vita al CLN, sapendo di poter contare sull’appoggio della maggioranza degli italiani e dei non italiani.

Giampietro Sestini



AMATO, FOLLI, GALLI DELLA LOGGIA E IL RISORGIMENTO LAICO. IERI E OGGI

DI FEDERICO ORLANDO - da: Europa di mercoledì 12 ottobre 2011

Cara Europa, insegno, ho circa 50 anni, non appartengo alla mitica generazione dei quarantenni che dovrebbe rifare il mondo, e mi chiedo perché non lo rifaccia, né alla generazione degli anziani (non dico vecchi, anche perché oggi ci si chiama giovani o ragazzi a 40 anni, quando io avevo due figli). Con la dissoluzione della prima repubblica, che travolse anche il mio partito o partitino laico (ce n’erano quattro più o meno “moderati”, liberale, radicale, repubblicano, socialdemocratico, 3-4 milioni di voti a dir poco, sempre necessari prima al centrismo con la Dc poi al centrosinistra Dc-Psi).

Adesso mi limito a leggere i giornali, non ritrovandomi in alcuno dei grandi partiti di destra e di sinistra del pseudo-bipolarismo. Così leggo che mercoledì, a Roma, alla libreria Arion di via Milano (Traforo), l’editore Rubettino presenterà il libro di Massimo Teodori Risorgimento laico. Gli inganni clericali sull’unità d’Italia; con tre leader delle culture laiche cadute sotto le macerie della prima repubblica, il socialista Giuliano Amato, il repubblicano Stefano Folli e il liberaldemocratico Galli della Loggia. Cosa succede? Ci fossero fatti nuovi anche per noi italiani che non ci schiodiamo dalle origini liberali e dallo stato laico?

Miriam Massari, Milano

Risponde Federico Orlando

Cara signora, quel che sicuramente succede è che, dopo l’appello ai cattolici del cardinale Bagnasco (a torto o a ragione interpretato come la preparazione di una nuova balena bianca dopo il naufragio finale del berlusconismo), è che svariate formazioni del laicato cattolico si son date appuntamento a Todi per fine settimana. A fronte di questo fatto unificante, ci sono i fatti dissolventi nel Pdl, nel Pd e nella Lega.

Nel Pdl neocorrenti democristiane contro il governo Berlusconi-Scilipoti; nel Pd rottamatori quarantenni contro quarantenni non rottamatori, e Modem favorevoli al governo di transizione col centrodestra contro Dem favorevoli a una coalizione di centrosinistra; infine nella Lega dove si è ormai ai metodi stalinisti di Bossi. In questo caos, esce opportuno il libro di Massimo Teodori, di cui ho letto anche la recensione fattane ieri da Dino Messina sul Corriere della sera.

Si tratta di una veemente contestazione della tesi di Benedetto XVI, e cioè che «L’identità nazionale degli italiani, così fortemente radicata nelle tradizioni cattoliche, costruì in verità la base più solida della conquista dell’unità politica» (Lettera agli italiani, per il 150° dell’unità). Anche senza essere anticlericale nella misura di Teodori, mi sono laureato sul saggio Chiesa e Stato in Italia di Carlo Arturo Jemolo e non ho trovato quel “radicamento” così forte, men che meno nelle gerarchie vaticane e nelle promanazioni fino a Torino e alle altre capitali.

Ho trovato solo poche illusioni cattoliche, tutte variamente cadute con lo spegnersi della brevissima stagione liberale di Pio IX. Non mi sorprende che Teodori, del quale conosco l’amore per la cultura laica liberale, fondativa, essa sì, dell’unità e poi dello stato e della nazione italiana, abbia voluto accentuare il suo messaggio polemico arricchendo il titolo di questo pamphlet col disegno di un cappello frigio (simbolo giacobino e radicale) e con un sottotitolo preso da Risorgimento scomunicato del liberale Vittorio Gorresio, “Il dissidio che continuiamo a pagare”.

Perché l’abbia fatto glie lo chiederò andando anch’io stasera alla libreria di via Milano, alle 18,30. Posso immaginare che, nel rigettare la tesi del papa sul contributo fondamentale dei cattolici all’unità d’Italia, intenda soprattutto scongiurare ritorni di partiti clericali, che stavolta sarebbero guidati da baciapile e non da chi, come De Gasperi, sapeva distinguere tra chiesa e stato.

Preoccupazione legittima, anche se il libro è precedente al “partito di Bagnasco”, negato dal cardinale eponimo ma molto atteso dalle culture deritiane (nel senso di De Rita, il meglio del democristianismo perenne). La storia è la storia e dice che, per molti decenni dopo l’unità, la chiesa, fedele al Sillabo che aveva posto il liberalismo al numero uno fra gli «errori del tempo moderno», ha condannato non solo i radicali-repubblicani ma la cultura moderata (liberale-monarchica) da Amendola a Ruffini a Croce.

Il fatto che oggi pomeriggio tre esponenti delle culture postliberali si ritrovino intorno a questo saggio, può essere d’auspicio per l’avvento di un “prepartito” laico, che aiuti anche a far piazza pulita dei 200 (a dir poco) “partiti” liberali o socialisti ad personam, che ogni giorno un amante di pennacchi fonda per proclamarsene leader.








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venerdì 14 ottobre 2011

Storie di donne








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Luciana Tufani Editrice














associazione culturale Leggere Donna














Storie di donne rom





















 















Un libro di Paola Galli















Fra tradizione e cambiamento.















Dopo diversi anni di frequentazione delle donne attraverso il lavoro nella cooperativa Kimeta, ma anche all'interno delle loro case, accadeva che il mio interesse si concentrasse su aspetti particolari della loro vita. C'era la voglia di andare fin nell'intimità, di scoprire quali erano le loro aspirazioni profonde.







Erano contente di essersi sposate o di sposarsi a 15, 16 anni col ragazzo scelto dalla famiglia? Avevano altri desideri, altre aspirazioni come, per le giovani, lavorare o studiare?







Questo era ciò che mi interessava scoprire, anche se loro erano spesso reticenti e si chiudevano in se stesse come davanti a un intervento irrispetoso, quasi illecito. Non mi lasciavo scoraggiare. Era come giocare con le bambole russe. Si apre la prima e dentro ce c'è una più piccola di cui non puoi contentarti perché sai che dentro ce ne sono altre ancora. E tu vuoi arrivare all'ultima.







Lettera a Paola:




E' un libro ben fatto, sobrio e animato insieme che, lo capisco bene, ti è costato tempo e notevoli energie emotive tenute in equilibrio dal tuo sano realismo femminile.



Interrogare donne, cercare di creare con loro coinvolge profondamente la nostra femminilità, fa riaffiorare desideri, nostalgie, amarezze. Non è mai rasserenante, trovo, in quanto mostra sempre il gran lavoro che c'è da fare, che non ha fine per capire e capirsi nella diversità dei contesti, e che non esclude affatto, come tu fai percepire, le tante somiglianze.



Inoltre, anche se sono digiuna sull'argomento, capisco chiaramente che delle donne rom non se n'era mai parlato guardandole in loro stesse. Così, grazie a te, il libro fa pensare all'esistere di queste donne, e va diffuso.



...La storia del laboratorio Kimeta è importante. Con le tue compagne e con Giusa avete fatto un grande lavoro.




Gabriella Fiori (Fiorentina. traduttrice di testi in inglese e francese, autrice di pubblicazioni  su Simone Veil, Anna Maria Ortese ed altro)



Aggiornamento del 15 ottobre 2011





Il Germoglio - cooperativa sociale onlus


Sezione di Ferrara


Rom, Sinti, Gagè - un'integrazione possibile?


 


Una serie di iniziative molto variegate (dalla lettura alla cucina, dal film al dibattito, alle mostre fotografiche) in questo percorso realizzato dalla Cooperativa insieme a numerosi partner, nell'ambito dei Piani di Zona del Comune di Ferrara e del più ampio progetto "INCLUSIONI DIFFUSE".


 


Il primo appuntamento è per  venerdì 14 ottobre con "l'Aperitivo con l'Autore" al Cafè de la Paix alle ore 18,00.


Sarà presente Annarita Calabrò col suo libro "Zingari, storia di un'emergenza annunciata" - lettura di testi a cura di Marcello Brondi.


 


Il secondo appuntamento è per venerdi 21 ottobre:


Paola Galli presenta il suo libro "Storie di donne rom fra tradizione e cambiamento". Introduce l'editrice Luciana Tufani.

Qui puoi vedere Il programma generale


 



 

L'Archivio della Comunità

Cara Paola, Carissimi,



siamo finalmente all'avvio del lavoro di riordino e inventariazione del fondo "Documenti delle comunità Cristiana di Base italiane e straniere" assegnato alla società Hiperborea.

Il lavoro è affidato tra le persone della società suddetta a Caterina Guagni una professionista molto brava che ha lavorato e contiunerà a lavorare per noi anche presso l'Accademia della Crusca.

      Centro Educativo popolare Comunità dell'Isolotto

Data Inizio 7/11/11 - Data Finale Dicembre 

Riordino ed inventariazione di 12 Faldoni della Serie

"Documenti delle comunità Cristiana di Base italiane e straniere"

( email di Luca)