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domenica 19 ottobre 2014

Fuad racconta

Comunità dell’Isolotto - Firenze, domenica 19 ottobre 2014
L’Iraq, l’IS e il Kurdistan: cosa sta succedendo?
riflessioni di Carlo, Claudia, Gisella, Luisella, Maurizio,
con l’intervento di Fuad Aziz originario del Kurdistan iracheno

Letture da Isaia
Forgeranno le loro spade in vomeri,
le loro lance in falci;
un popolo non alzerà più la spada
contro un altro popolo,
non si eserciteranno più nell`arte della guerra. [Isaia, 2,4]
Nel deserto prenderà dimora il diritto
e la giustizia regnerà nel giardino.
Effetto della giustizia sarà la pace,
frutto del diritto una perenne sicurezza.
[Isaia, 32, 16-17]


Lettura dal Vangelo secondo Matteo
Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l`altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. A chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle.
Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?

dalla poesia di Sherko Becas[1]”Diario”
Il fiore ha scritto il suo diario
metà del diario parlava della bellezza dell’acqua
L’acqua ha scritto il suo diario
Metà del diario parlava della bellezza del bosco
Il bosco ha scritto il suo diario
Metà del diario parlava della terra amata
ma quando la terra scrisse i suoi diari
tutti i diari parlavano della libertà.

Il saluto usuale di un musulmano è: âlSalâm âleikum, la pace sia con voi.

Dal Corano
(10ª25): Dio chiama al soggiorno della Pace, e dirige chi Egli vuole sulla via diritta.
(15ª46): Entrate [in Paradiso] in pace e con sicurezza.
(16ª32): Le persone che sono buone vengono chiamate dagli angeli, che dicono loro: "La Pace sia con voi; entrate in Paradiso, come ricompensa delle vostre azioni".

Nulla salus in bello: pacem te poscimus omnes (Nessun bene dalla guerra; Pace, noi tutti ti invochiamo) Virgilio

Ricordatevi della vostra umanità, e dimenticate il resto. [Joseph Rotblat][2]
Spiegazione di alcuni termini: musulmano, islamico, califfo, imam, sunnita, sciita, wahhabita …

Islamico: il termine islamico, aggettivo o sostantivo, si riferisce a persone o cose attinenti alla religione islamica. Il termine originariamente usato solo come aggettivo (ad es.: i valori islamici), per l'insistente uso proposto in questo senso dai mass media, ha cominciato ad essere usato anche come sostantivo, indicando in maniera convenzionale gli appartenenti ai movimenti "fondamentalisti” più o meno militanti (ad esempio "gli islamici di al-Qā ida" oppure gli appartenenti ai gruppi del jihad islamico).
Per costoro, semmai, sarebbe più corretto usare il termine islamisti, anche se storicamente con questo termine ci si riferisce agli studiosi e i ricercatori di materie attinenti alla religione e cultura islamica.
L’Islam è al secondo posto per numero di seguaci con circa 1,6 miliardi di fedeli, dopo il Cristianesimo che ne conta circa 2,1 miliardi. Il 13% dei musulmani vive in Indonesia, che è anche il paese musulmano più popoloso, il 25% nell'Asia Meridionale, il 20% in Medio-Oriente e il 15% nell'Africa sub-sahariana. Minoranze considerevoli si ritrovano anche in Europa, Cina, Russia e Americhe. L'Islam conta il più marcato incremento numerico di adesioni fra le varie religioni.

Musulmano: il termine musulmano - che identifica una persona che segue la religione islamica - deriva dalla parola araba muslim, che significa "sottomesso, devoto (a Dio)".

Maomettano: il termine antico e oggi in disuso, di maomettano, è probabilmente stato introdotto sul calco della parola cristiano. Va inteso come aggettivo da usare per riferirsi alla personalità o agli insegnamenti di Maometto. Non va inteso come sinonimo di “musulmano" o di “islamico”, poiché può essere sentito come offensivo dai musulmani poiché secondo la fede islamica, il messaggio del Corano va ricondotto direttamente a Dio (Allāh) e non al Suo profeta.

Califfo: il termine (letteralmente “successore di Maometto”) indica nel mondo islamico il supremo capo spirituale e politico-militare dell’intera comunità islamica.

Imam: il termine (letteralmente "colui che sta davanti") significa “guida morale e spirituale”. A seconda del contesto storico e socio-politico può indicare sia un semplice devoto musulmano esperto nei rituali che guida le preghiere, che capi di movimenti politico-religiosi dotati di grande potere, come per es. Khomeini. Da un punto di vista istituzionale, l'Imam è storicamente il capo della Comunità islamica e per questo, nel Sunnismo, è sinonimo di califfo; e nello sciismo ha un peso ancora maggiore in ragione della sua discendenza con Maometto.

Sunniti e Sciiti: il Sunnismo e lo Sciismo sono i due principali orientamenti in cui storicamente si è  diviso il mondo islamico. Il Sunnismo è l'orientamento maggioritario (circa il 90% dell'intero mondo islamico), lo Sciismo è l'orientamento minoritario, anche se maggioritario in Iran e molto diffuso in alcune zone come il Libano e l’Iraq.                                                                                                 Storia della nascita della scissione tra sunniti e sciiti: Maometto morì nel 632 d.C. senza lasciare indicazioni  sulla propria successione alla guida dell’Islam. Furono eletti dei successori – detti califfi – tra le persone  a lui più vicine. Le prime tre elezioni non suscitarono problemi (i primi tre califfi furono anche chiamati “ben guidati”). L’elezione del IV° califfo Alì  ibn Abi Talib (cugino e genero di Maometto) invece fu molto contestata. Ci fu uno scontro che portò poi allo scisma: i seguaci di Alì furono chiamati Sciiti, i suoi oppositori Sunniti.
Gli sciiti pensano che a guida della comunità islamica debbano esserci solo i legittimi discendenti di Maometto. Lo sciismo riconosce all’Imam, detto anche “Amico di Allah”, una particolarissima vicinanza a Dio e poteri speciali (è il solo che ha l’autorità di interpretare il Corano e la «tradizione»). Lo sciismo viene poi suddiviso in moderato, medio ed estremo a seconda del valore/potere attribuito all’Imam: rettamente guidato, infallibile, o quasi Dio. Nei paesi a maggioranza sciita esiste una specie di clero molto potente e spesso molto venerato.
I Sunniti rifiutano l’idea che a capo della comunità ci debbano essere dei diretti discendenti del Profeta e ritengono che la guida politica e spirituale della Comunità debba essere individuata all’interno della Comunità (una volta era il califfo e oggi potrebbe essere il segretario generale della Organizzazione della Conferenza Islamica). In linea di principio alla guida politica e spirituale della Comunità poteva accedere qualunque musulmano adulto, di buona moralità, di sufficiente dottrina e sano di corpo e di mente. Nei paesi a maggioranza sunnita non esiste un vero e proprio clero, ma una varietà di capi, dotti e devoti cui è riconosciuto particolare autorità.

Wahhabiti: il Wahhabismo è un movimento radicale, nato nel 1700 all’interno della comunità islamica, per opera di Muhammad ibn Abd al-Wahhāb, e che si afferma soprattutto in Arabia Saudita. Vuole il ritorno alla purezza dell’Islam delle origini e l’abolizione di ogni innovazione emersa nel tempo; ed è contraria a ogni possibile interpretazione personale del Corano da parte degli studiosi musulmani. La monarchia saudita ha usato questa impostazione religiosa fondamentalista per organizzare e mantenere un sistema politico, sociale, giuridico di tipo fortemente autoritario e statico: la maggior parte delle conquiste della modernità non sono state accolte. Per fare solo alcuni esempi: non è stata adottata alcuna Costituzione che limiti il potere assoluto della monarchia, non è stata introdotto un sistema giuridico moderno, le libertà e i diritti fondamentali dell’uomo non hanno alcun riconoscimento e fortissima è l’oppressione delle donne e delle minoranze.

Jihād: parola araba che significa "esercitare il massimo sforzo". La parola connota un ampio spettro di significati, dalla lotta interiore spirituale per attingere una perfetta fede fino alla guerra santa. Oggi il termine è usato comunemente come se avesse una dimensione esclusivamente militare. Per quanto questa sia l'interpretazione più comune di jihād, la parola non è usata strettamente in questo senso nel Corano, il testo sacro dell'Islam.
Fondamento del concetto: durante il periodo della rivelazione coranica, allorché Maometto si trovava a La Mecca, lo jihād si riferiva essenzialmente alla lotta non violenta e personale, quindi a quello sforzo interiore necessario per la comprensione dei misteri divini. In seguito al trasferimento (Egira) da La Mecca a Medina nel 622, e alla fondazione di uno Stato islamico, il Corano autorizzò il combattimento difensivo. Il Corano iniziò a incorporare la parola qitāl (combattimento o stato di guerra) per scopo difensivo.
Il significato più letterale di jihād è semplicemente "sforzo", e lo "jihād interiore" si riferisce  a tutti gli sforzi che un musulmano potrebbe affrontare aderendo alla religione.
Jihād difensivo: la maggioranza dei musulmani considera la lotta armata contro l'occupazione straniera o l'oppressione da parte di un governo interno degne di jihād difensivo. In effetti, sembra che il Corano richieda la difesa militare della comunità islamica assediata.
La tradizione islamica ritiene che quando i musulmani vengono attaccati diventi obbligatorio per tutti i musulmani difendersi dall'attacco, partecipare allo jihād.
Jihād offensivo: lo jihād offensivo è l'intraprendere una guerra di aggressione e conquista contro i non-musulmani al fine di sottomettere questi e i loro territori al dominio islamico. Secondo numerose interpretazioni, il jihād offensivo, cioè l'aggressione, è pienamente ammesso dall'islam sunnita, ma al contrario del jihād difensivo non vi è alcun obbligo di partecipazione da parte dei singoli fedeli musulmani, ma solo della comunità islamica nel suo insieme.
I musulmani che non aderiscono a questa interpretazione militante dello jihād mettono in dubbio la necessità e l'obbligo dello jihād offensivo in epoca contemporanea: lo jihād offensivo era praticato solo al fine di preservare l'Islam dalla distruzione, ed è oggigiorno obsoleto. 
A sostegno di questo punto di vista, coloro che rigettano l'Islamismo militante tendono a opporsi all'affermazione secondo cui l'Islam nel suo complesso è oggetto di attacco ostile. Essi propendono a porre in risalto tradizioni islamiche a sostegno della tolleranza per altri gruppi religiosi e sociali.
Invece l'interpretazione militante del jihād è propensa a suggerire una visione del mondo in cui forze ostili anti-islamiche impediscono oggigiorno all'Islam di realizzare il suo pieno potenziale per un'espansione globale pacifica — una visione del mondo in cui l'Islam sarà alla fine adottato dall'intera umanità se queste forze ostili verranno affrontate socialmente e militarmente.
Chi può autorizzare il jihād offensivo? I movimenti islamisti (come Al-Qaeda e Hamās) si sono assunti il compito di proclamare il jihād, scavalcando l'autorità tanto degli Stati-nazione quanto degli esperti religiosi tradizionali. Analogamente, alcuni musulmani hanno dichiarato il jihād contro specifici governi che percepiscono come corrotti, oppressivi e anti-islamici.
Al-Qāida (italianizzata spesso in Al Qaida o, seguendo la grafia inglese, in Al Qaeda) è un movimento islamista sunnita paramilitare terroristico nato nel 1989, fautore di ideali riconducibili al fondamentalismo islamico, impegnato in modo militante nell'organizzazione e nell'esecuzione di azioni violentemente ostili sia nei confronti dei vari regimi islamici filo-occidentali definiti ipocriti, sia del mondo occidentale definito infedele. È stato guidato sino alla sua morte avvenuta il 2 maggio 2011 dal miliardario saudita Osāma bin Lāden che si avvaleva della guida ideologica di Ayman al-Zawāhirī (ex medico del Cairo, appartenente a una famiglia di dotti religiosi e di magistrati).
Origine del nome: il nome dell'organizzazione deriva dall'arabo qāida che significa "fondazione" o "base" e può riferirsi sia ad una base militare sia a un database.
Altre fonti affermano che il nome derivi dal centro logistico situato a Peshāwar: in tale luogo sarebbero stati registrati i nomi dei volontari arabi successivamente mandati a combattere in Afghanistan contro le truppe russe.
Storia: secondo alcune fonti Al-Qāida nacque ai tempi dell'invasione sovietica dell'Afghanistan, intorno al 1989, pressappoco alla fine della guerra in Afghanistan. Dietro la genesi dell'organizzazione si trova una teorizzazione religiosa di ispirazione wahhabita, che col tempo ha raccolto elementi di altre correnti religiose islamiche, appoggiandosi di volta in volta al "clero" locale, come i deobandi e i talebani, ma senza una relazione di dipendenza.
Osāma bin Lāden era il 17° dei 57 figli di un immobiliarista yemenita. Utilizzò soldi e macchinari della propria impresa di costruzioni proprio per aiutare la resistenza dei mujaheddin nella guerra sovietica in Afghanistan, dove arrivò quando aveva 23 anni. Sulla consistenza del patrimonio personale di bin Laden esistono comunque stime secondo le quali, a causa della tendenza nella cultura saudita a non dividere il patrimonio familiare ma a farlo gestire solo al figlio maggiore, il patrimonio personale di bin Laden sarebbe ammontato ad alcuni milioni di dollari.
Il giorno 2 maggio 2011 Osama bin Laden venne ucciso ad Abbottabad (Pakistan), durante un attacco di assaltatori della Marina degli Stati Uniti avvenuto nel suo complesso fortificato. Secondo alcune fonti gli sarebbe succeduto il suo braccio destro nonché cofondatore del gruppo Ayman al-Zawahiri.
Obiettivi: i suoi atti terroristici si basano su attacchi suicidi e omicidi e fanno ricorso all'uso simultaneo di esplosivi contro differenti obiettivi. Il gruppo di al-Qāida predica e organizza da tempo il cosiddetto "jihād islamico", che va inteso come attuazione di attacchi terroristici condotti nei confronti di obiettivi occidentali, con l'obiettivo di porre fine all'influenza dei paesi occidentali sui paesi musulmani e con il fine di creare un nuovo califfato islamico. Esso afferma di credere inoltre che ci sia un complotto ebraico-cristiano volto a distruggere l'Islam.
I progetti che davano origine a questi attacchi sono stati spesso finanziati dall'organizzazione, con fondi di organizzazioni islamiche o donazioni di privati, in massima parte provenienti dalla regione del Golfo Persico.


1. Qualche informazione sullo Stato Islamico[3]

Che cos’è lo stato islamico? Il 29 giugno 2014 l’ISIS (acronimo di Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (o Grande Siria) ) ha proclamato la rinascita del Califfato islamico, con Abū Bakr al-Baghdādī come califfo.

Cosa caratterizza questo gruppo e cosa lo differenzia da altri gruppi e da Al-Qaeda?
·       innanzi tutto una ambizione che va oltre i confini ridotti di uno stato: mira ad un territorio che, a partire dalla zona compresa tra Siria e Iraq, diventi sempre più ampio attraverso una politica di espansionismo da condurre con la guerra e il proselitismo. Per questa ragione il nome iniziale di ISIS è stato cambiato in IS – Stato Islamico. Con questo nome l’IS intende porsi come “la casa” di tutti i “veri musulmani” ovunque si trovino.
·       proclama il ritorno alla purezza dell’Islam delle origini, e mira ad una società nella quale si applichino le rigide regole della tradizione islamica nella versione della corrente “wahabita”, una corrente religiosa fondamentalista, che si è affermata a partire dal 1700 e che si è diffusa soprattutto in Arabia Saudita. Oggi però lo Stato Islamico considera i capi religiosi wahabiti dell’Arabia Saudita corrotti dal potere e dal denaro e asserviti all’Occidente, e quindi in nome della purezza dell’Islam si pone in prospettiva anche l’obiettivo di liberare i luoghi santi e in particolare le redditizie moschee de La Mecca e Medina dai sauditi amici degli Usa.
·       nell’ottica dello scontro tra sunniti e sciiti, lo Stato Islamico mira alla eliminazione degli sciiti dall’Iraq, dalla Siria e da tutto il Medio Oriente per restaurare un califfato sunnita; la costituzione di un questo stato, che oggi parte dall’area siro-irachena occupata ma che potrà essere estesa a tutto il mondo musulmano, risolverà secondo l’IS i problemi dei sunniti iracheni e siriani in lotta contro i regimi sciiti considerati “miscredenti e tirannici”.


Un cenno alla storia recente per provare a capire come abbia potuto affermarsi l’IS: lo Stato Islamico nasce come conseguenza di quanto è accaduto dopo l’11 settembre in Iraq, in Afganistan e in tutto il Medio Oriente. E’ la conseguenza della politica statunitense nella regione, della disgregazione degli Stati/regimi di Tunisia, Egitto, Libia, Siria, ecc e del fatto che nei paesi attraversati dalle “primavere arabe” non è poi seguito un percorso di vera democratizzazione e di ritorno ad una nuova stabilità. Il vuoto creato dall’implosione di questi paesi ha portato alla fioritura di antichi e nuovi gruppi, bande armate, interessi tribali. Nell’impoverimento e imbarbarimento generale vi è gente che non ha niente da perdere, disposta a tutto, capace di arruolarsi con chiunque offra qualcosa.
Ed è anche il risultato della politica del capo di governo iracheno sciita Al Maliki, che si è distinto per la sua chiusura sia nei confronti dei curdi che nei confronti dei sunniti iracheni[4]; così oggi lo Stato Islamico può contare anche sull’appoggio di una parte della popolazione sunnita nel nord-ovest nel paese.
Dal 2003, cioè dalla caduta del regime baathista di Saddam Hussein, i sunniti sono rimasti ai margini della vita politica:
- nelle elezioni del 2005 in cui si era presentato il Fronte della Concordia che raggruppava i partiti sunniti;
- nelle elezioni del 2010 in cui la lista Iraqiya (coalizione guidata dall’ex primo ministro laico Iyad Allawi) aveva ottenuto la maggioranza dei voti, ma non è mai andata al potere per le macchinazioni di Nuri al Maliki, sciita, ora al governo.
Da allora i sunniti si sono radicalizzati e il governo di Baghdad, dopo il ritiro delle truppe statunitensi nel 2011, ha inasprito le posizioni e le repressioni contro i sunniti.
Il governo ha represso il movimento di protesta nato nelle regioni sunnite nel 2012. La rabbia dei sunniti è alla base di un certo consenso e di una certa complicità da parte dei civili sunniti che hanno permesso all’IS di infiltrarsi, guadagnare terreno e assumere il controllo di ampie zone.
Il successo militare dell’IS è stato favorito anche dalla debolezza dell’esercito iracheno, dopo la decisione degli Stati Uniti di ritirare le truppe.
Durante l’ultima campagna elettorale Maliki ha fatto leva sulla lotta al terrorismo e nonostante si fosse impegnato a promuovere la conciliazione, in realtà ha diviso popolazione e classe politica esasperando gli aspetti violenti e portando molti sunniti a scegliere lo stato islamico.

Su quanti soldati può contare l’IS?
Lo Stato islamico sembra possa contare attualmente su circa 20-30.000 combattenti, provenienti dall’Iraq, dalla Siria e da tutto il Medio Oriente, dai paesi del nord e centro Africa, così come dalla Russia e dall’Europa (Inghilterra, Francia, ecc..). Adotta alcune tecniche del terrorismo (per es. attentati suicidi) ma in realtà sembra voglia organizzare un esercito convenzionale e per questo sembra stia utilizzando ex-ufficiali delle truppe di irachene.

Come si finanzia?
L’IS si è finora finanziato attraverso razzie, rapine alle banche, estorsioni praticate in modo sistematico (per es. ai camionisti), attraverso lo sfruttamento dei pozzi di petrolio o di gas dell’est della Siria e dei territori conquistati (in parte rivenduto allo stesso governo siriano), e attraverso ogni tipo di contrabbando e traffico compreso quello di beni archeologici; secondo l’IS si è arricchito da solo e secondo altri riceve finanziamenti anche da paesi che ufficialmente lo contrastano come per es. Arabia Saudita o il Qatar. 

Quale territorio ha conquistato l’IS? cosa succede ai confini con la Turchia?
L’IS ha conquistato un’ampia zona di territorio a cavallo tra l’ormai inesistente confine tra Siria e Iraq: le province orientali della città siriana di Aleppo, il centro di Raqq, il corridoio di penetrazione verso l’Iraq lungo il fiume Eufrate, arrivando ad incombere sulla città santa sciita di Karbala. E lungo la direttrice settentrionale i soldati dell’IS hanno puntato verso la piana di Ninive, conquistando Mosul e arrivando a pochi chilometri dal territorio del Kurdistan.
L’IS nei giorni scorsi (metà ottobre) è arrivato a un passo dal conquistare la città di Kobane al confine tra Siria e Turchia, una conquista che avrebbe assicurato allo Stato islamico il controllo di tutto il nord della Siria. La resistenza curda è riuscita a respingere le forze islamiste facendole arretrare di alcuni km. Questo risultato è stato possibile grazie all’arrivo di combattenti curdi dall’Iraq e dopo raid aerei condotti dalla forze guidate dagli Stati Uniti mentre la Turchia è rimasta al confine senza intervenire, anzi ostacolando le forze curde in vari modi: impedendo ai pesh-merga e ai mezzi di arrivare nella zona, impedendo ai soccorsi di affluire nell’area, rifiutando le popolazioni civili in fuga.


Quali sono gli interessi in gioco ?
Iran: sostiene militarmente il governo iracheno di Maliki contro i sunniti. Fa intravedere una possibile cooperazione con gli Stati Uniti in una “risposta forte e coordinata”. L’Iran è alleato con la Siria.
Governo Regionale del Kurdistan (Krg): amministra la regione più ricca dell’Iran ed è in contenzioso con il governo di Baghdad per il petrolio e il controllo del territorio, ma potrebbe coalizzarsi con Maliki contro l’IS. I combattenti curdi, i peshmerga, ben addestrati e motivati, stanno affrontando gli jihadisti, conquistando territorio anche con lo scopo di rafforzare l’autorità curda su una regione ricca di petrolio.
Turchia:il governo turco potrebbe intervenire per salvare gli 80 turchi in ostaggio dell’IS. Il parlamento ha autorizzato il governo ad intervenire per colpire le basi del PKK curdo. La Turchia ha interessi nel settore energetico iracheno; è schierata con l’opposizione armata siriana.
Siria: l’IS ha conquistato zone al confine tra Iraq e Siria. Il Presidente siriano Bashar al Assad potrebbe approfittare della situazione per presentarsi come baluardo contro l’IS per costruire una Siria libera e democratica. Assad ha espresso solidarietà al governo iracheno.
Giordania: vuole contenere la minaccia dell’IS, anche se è stata la patria di Abu Musab al Zarqawi, il fondatore di Al Qaeda in Iraq.
Arabia Saudita: insieme agli altri stati del Golfo, è stata accusata di aver finanziato i gruppi jihadisti in Iraq e Siria. Ultimamente c’è una maggiore attenzione alle attività antiterrorismo e un sostegno ai curdi nella offensiva all’IS che viene visto come minaccia per gli emirati del petrolio e per l’Arabia Saudita.
A partire dalla seconda metà di settembre USA, Francia, Gran Bretagna, Danimarca e Belgio hanno costituito una coalizione per combattere gli jihadisti dello Stato Islamico, in Iraq e Siria.
Le Commisioni Esteri e Difesa riunite di Camera e Senato hanno deciso che l'Italia rifornirà di armi il governo del Kurdistan iracheno, aggredito dallo Stato Islamico.

2. La situazione in Irak e nel Kurdistan nelle parole di Fuad


3. Ma Islam è anche questo……
E’ importante  sottolineare che in contrapposizione all’offensiva fondamentalista si sta muovendo anche  un Islam che condanna e prende le distanze da qualsiasi gesto di violenza compiuto in nome del Corano. In un articolo, sul  Huffington Post del 22 settembre, dal titolo “Isis, i musulmani d’Europa si mobilitano contro il califfato” si legge :
“…Da Berlino a Londra, passando per Milano, i musulmani di tutta Europa si stanno facendo sentire per condannare lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante, colpevole di “corrompere la loro religione” usandone il nome ma violandone i principi di fondo. In Germania venerdì scorso in duemila moschee si è pregato contro l’Isis, mentre i musulmani di Milano si sono dati appuntamento a domenica per una fiaccolata e una serie di interventi”.
Ed anche in Francia dove Hassen Chalghoumi, l’imam di Drancy (comune della periferia nord-est di Parigi) e  Dalil Boubakeur, rettore della Grande moschea di Parigi, esprimono il loro orrore per la decapitazione sulle montagne della Kabilia dell’ostaggio francese Hervé Gourdel e invitano i fedeli a  scendere in piazza per manifestare anch’essi il loro disgusto per tale gesto ed è di importanza capitale che siano proprio gli imam  ad affermare che  il vero Islam non è questo, ma è una religione di fratellanza e di pace.
Oltre che nelle piazze le proteste anti-Isis si svolgono anche in rete,  come quella organizzata dall’associazione britannica Active Change: a Londra è nato un movimento in cui migliaia di musulmani affermano, su internet, il loro rifiuto di accettare che gli omicidi, le decapitazioni in serie, gli appelli alla guerra santa lanciati dall’Iraq siano perpetrati in loro nome..
Utilizzando le stesse piattaforme social su cui l’Isis diffonde immagini di morte, gli attivisti di Active Change hanno raccolto i messaggi di alcuni  musulmani britannici – messaggi che si possono sintetizzare in un’unica frase: “basta uccidere innocenti in nome mio”. #NotInMyName è l’hashtag della campagna, a cui hanno risposto in moltissimi. Mettendoci la faccia, assieme alle parole.
L’Islam ci insegna il rispetto, la misericordia, la pace e la gentilezza. È una fede in cui crediamo molto, e per questo vogliamo difenderla dagli estremisti e dai fanatici, la cui esistenza è una minaccia per la nostra stessa religione”, ha spiegato ad Huffington Post Uk uno dei protagonisti della campagna.
“I giovani musulmani britannici sono stanchi della propaganda piena di odio dei terroristi dell’Isis”, ha raccontato il fondatore di Active Change, Hanif Qadir.
Not in my name: non nel mio nome, e non nel nome dell’Islam. http://www.youtube.com/watch?v=hAxIOC8Zisc
Anche in Italia abbiamo testimonianze importanti:

Comunicato stampa del 16.09.2014 del Rappresentante delle Comunità Islamiche di Bologna
L'ISIS e la posizione inequivocabile della (CIB) Comunità Islamica di Bologna

Non bisogna mai stancarsi di proclamare il bene e condannare il male.
Questa è l'etica della nostra religione, rivelata dal Corano e testimoniata dal Profeta Muhammad.
Lo abbiamo detto e scritto e siamo qui a ribadirlo con tutta la forza che abbiamo, la violenza perpetrata a nome dell’Islam nelle martoriate contrade siriane ed irachene non può trovare alcuna legittimazione nelle fonti religiose islamiche.
Una violenza che – lo rammentiamo- colpisce soprattutto i musulmani e si accanisce sulle minoranze cristiane e yazidita, secondo una logica aberrante di sopraffazione.
La nostra dottrina, la nostra giurisprudenza religiosa e la storia stessa della civilizzazione islamica respingono in modo inequivocabile i metodi utilizzati dall'ISIS a cui non vogliamo attribuire nessuna valenza di “Stato” e tantomeno “islamico”.
Ben altre referenze sono quelle cui sembrano ispirarsi i cosiddetti jihadisti, crudeltà, intimidazione, pulizia etnico-religiosa, niente a che fare con la misericordia, la tolleranza e l'inclusività che ci deve contraddistinguere come credenti e timorati di Dio.
In queste settimane le notizie che provengono dall'Iraq e dalla Siria martellano l'opinione pubblica e sembra vogliano creare i presupposti per la criminalizzazione di un'intera comunità religiosa quella dei musulmani e delle musulmane d'Italia, ed è per questo che ci rivolgiamo fiduciosi e fraterni ai nostri concittadini bolognesi, uomini e donne che ci conoscono da decenni e con i quali abbiamo intrapreso da oltre vent'anni un cammino di dialogo e di condivisione dei valori.
Chiediamo che rimangano saldi su quello che l'esperienza gli ha insegnato e dimostrato. I loro vicini musulmani non sono una minaccia per nessuno di loro e, sconfiggeremo anche questa minaccia lontana alla nostra intima vicinanza e amicizia.
In ultimo e non ultimo vogliamo reiterare il nostro invito ai singoli ed associazioni: venite a trovarci nei nostri centri, sarete accolti con gioia; invitateci verremo da voi con entusiasmo.

Yassine Lafram - Coordinatore CIB
Comunità Islamica di Bologna
Via Pallavicini, 13 - 40138 Bologna
Cell. +39 3336944574

Infine vogliamo ricordare anche l’appello  di  Izzedin Elzir,  imam di Firenze  e presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche in Italia, che molti giornali  hanno pubblicato
"Mi rivolgo a voi che dite di essere musulmani, liberate i nostri tre ostaggi Padre Dall'Oglio, Vanessa Marzullo e Greta Ramelli. Loro hanno lavorato in Italia per gli interessi e la liberazione del popolo siriano e sono andati in Siria per aiutarlo contro il regime. Come dice il Corano, nessuno può accusare qualcuno di una cosa che non ha fatto, perciò invito voi credenti, o che almeno dite di essere, di liberare questi nostri concittadini italiani. La nostra comune fede in Dio ci impone il rispetto dell'altro, del diverso, dell'uomo in generale, e la sua salvaguardia, perciò vi invito, come imam di Firenze e come presidente dell'Unione delle comunità islamiche d'Italia, a liberarli".



I fiori di Kirkuk: un film molto bello sul problema dei Curdi
Locandina I Fiori di Kirkuknovembre 2010
Genere: Drammatico - 
Fotografia: Marco Carosi

Lo sterminio dei curdi all'epoca di Saddam Hussein, è il drammatico racconto di questo film, incentrato sulla tragica storia d'amore tra una coraggiosa donna araba ed un medico curdo, travolta dalla pulizia etnica.
Nel 1988 il regime di Saddam Hussein è impegnato in una sistematica decimazione del popolo curdo. Najla, giovane irachena da tempo trasferita in Italia per studiare medicina, fa ritorno a Baghdad con il proposito di ritrovare Sherko, medico curdo rientrato in patria per aiutare le forze ribelli dei pashmerga.
Najla è figlia di una ricca famiglia araba di Bagdad mentre Sherko è un giovane medico curdo. I due si amano e si vogliono sposare, ma l’appartenenza a due etnie così diverse rappresenta, all'epoca, un ostacolo insormontabile.
Fronteggiando sia il retaggio culturale della propria famiglia che l'insistente corteggiamento del generale Mokhtar, Najla decide di diventare guardia medica dell'esercito, così da contribuire tacitamente alla causa delle forze ribelli e poter raggiungere il proprio innamorato a Kirkuk, dove l'esercito iracheno sta rastrellando la popolazione curda.
Le immagini che aprono il film sono quelle dei network che hanno mostrato lo storico abbattimento delle statue di Saddam e degli altri esponenti del regime iracheno da parte di adulti e bambini festanti con indosso maschere di Bush. In quelle che probabilmente rappresentano le uniche immagini della vittoria della recente guerra in Iraq, Fariborz Kamkari, regista curdo formatosi in Italia, trova forza emotiva e risonanze mnemoniche per raccontare una delle operazioni più cruente compiute dal regime di Saddam. La forma e la figura che sceglie per questa ricostruzione del genocidio dei curdi sono quelle più classiche del romanzo storico: l'avventura di due innamorati in una zona di guerra e il triangolo sentimentale. Vertice di questo triangolo è Najla, eroina bella e moderna, che, per amore di un medico curdo e dell'umanitarismo universale, decide di rifiutare i vincoli dei retaggi culturali così come le insistenti proposte di un membro del corpo militare.
Il fiore della resistenza femminile cresce laddove la guerra annienta e distrugge, ed è talmente bello da ammaliare la spinta narrativa..

Questo filmha spiegato il registanasce dal desiderio di comunicare al mondo quello che è successo al mio popolo. Ho pensato che per raccontare una tale tragedia, una grande storia d’amore sarebbe stata la formula più immediata e riconoscibile. Il dramma dello sterminio dei curdi è stato a lungo ignorato dagli europei per motivi economici e politici. Nel giudizio sull'operato di Saddam, c’entrava anche il petrolio”. Kirkuk, dove è ambientato questo straziante quanto bellissimo film, è stata la città più devastata del Kurdistan iracheno, bombardata e distrutta ripetutamente negli anni ’80. “I fiori di Kirkukafferma Fariborz Kamkari è il primo film di ambientazione irachena senza soldati americani. E la protagonista è una donna che non è una moglie, non è una madre, non è sottoposta ad un uomo e decide liberamente del suo destino. Per la prima volta vedrete una musulmana che non risponde al solito stereotipo. Ma una donna forte – come ce ne sono tante qui da noi – che ha combattuto per i suoi diritti, quelli del suo popolo, dei curdi e dell’umanità in generale”.





Preghiera eucaristica


I nostri cuori sono sotto il peso
delle sofferenze del passato e del presente,
dalle crociate agli olocausti del passato,
dalle guerre sante di ogni religione ai feroci genocidi di oggi,
dalla Palestina ai campi profughi di tutto il Medio Oriente.
Il sangue delle vittime è ancora caldo.

Non crediamo alle parole degli oppressori.
Come credere a quanto essi ci dicono?
Le loro dichiarazioni ufficiali
sono piene di inganni insopportabili.
Chi può fidarsi di loro?
Parlano di pace mentre accrescono la loro produzione di armi;
diffondono voci di trattative e di riforme,
ma in segreto fanno piani di oppressione ancor più violenta.

Sono gli stessi progetti di morte
che hanno ucciso Gesù,
il quale la sera, prima di essere ucciso,
mentre sedeva a tavola con i suoi apostoli,
prese del pane, lo spezzò, lo distribuì loro dicendo:
"Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo".
Poi, preso un bicchiere, rese grazie e lo diede loro dicendo:
"Questo è il mio sangue che viene sparso per tutti i popoli".

Spartendo questo pane,
vogliamo testimoniare che il tuo Spirito
speranza degli oppressi e degli operatori di pace,
ci spinge ad essere pienamente solidali
con tutti coloro che credono nella vita 
e sono pronti a spenderla per sbarrare il passo  
alle forze della distruzione e della morte,
per la liberazione di tutti i popoli,
per la realizzazione di una società fondata sempre più su gli ultimi.





[1] Sherko Bekas è nato a Sulaimania nel Kurdistan iracheno, nel 1940. Nel 1961, già colpito da mandato di cattura dalle autorità di Baghdad per la sua attività poetica, si unì ai Pesh merga (i partigiani kurdi) e diventò la voce della resistenza kurda. E’ stato costretto come molti a rifugiarsi all’estero; nel 1988 ha ricevuto numerosi premi letterari. Tornato nel Kurdistan irakeno liberato nel 1992, è diventato ministro per la cultura della Regione Autonoma del Kurdistan irakeno.

[2] Rotblat è stato il solo scienziato coinvolto nel Progetto Manhattan (un progetto promosso dagli USA per lo sviluppo delle bombe atomiche durante la Seconda guerra mondiale) ad averlo lasciato per ragioni morali e umanitarie. Nel 1955 presentò il Manifesto Russell-Einstein che chiedeva il disarmo nucleare a livello mondiale, ebbe modo di dire tra le altre cose questa frase che è diventata poi celebre. Nel 1995 ricevette il premio Nobel per la pace.
[3] Le informazioni sono state riprese da diversi numeri della rivista “Internazionale” (2014) e dalla rivista italiana di geopolitica “Limes”, Le maschere del califfo, n. 9 del 14.9.2014.
[4] Si ricordi che Saddam Hussein era sunnita, così come tutto l'apparato militare.