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martedì 25 novembre 2014

Qual'è lo stato di salute della democrazia oggi


COMUNITA’  DELL’ISOLOTTO
Domenica 23 Novembre 2014
 (gruppo Elena, Gian Paolo, Giulia, Maria, Roberto, Sergio)


 QUALE  E'  LO STATO DI SALUTE DELLA DEMOCRAZIA OGGI?
                  
      Alcune chiavi di lettura come proposte per riflessioni e approfondimenti  anche alla luce dell'esperienza della Comunità di base dell'Isolotto



Letture bibliche:  Matteo, 23, 8-11;  12, 46-50



                                                         *******************
Il tema della democrazia ha conosciuto negli ultimi decenni, a partire da quelli di fine secolo fino ad oggi, un'attenzione sempre maggiore. Lo attestano i numerosissimi libri ed articoli pubblicati, con una intensificazione sempre maggiore negli ultimi anni. Il motivo va ricercato nelle grandi trasformazioni economiche, sociali e politiche che hanno contraddistinto la storia italiana, europea e mondiale da un quarantennio circa a questa parte, e che continuano a caratterizzare il momento attuale. In linea generale possiamo suddividere il periodo post-bellico in due fasi: la prima dal 1945 al decennio Settanta, e l'altra dal 1980 in poi. Secondo lo schema interpretativo del sociologo anglo-tedesco Ralf Dahrendorf, la specificità dell'immediato trentennio del dopo-guerra, è da intravedere nella equazione “Crescita economica-diffusione di benessere sociale-robusta democrazia politica”, mentre nei decenni successivi tale connessione perde il suo automatismo. Non stupisce perciò che  proprio da questo momento in poi si moltiplichino gli interrogativi sulla sorte della democrazia e sulla sua effettiva natura, in scritti che nel  titolo esprimono chiaramente le preoccupazioni dei loro autori: “La crisi della democrazia” (Commissione Trilaterale), la “Post-democrazia” (Crouch), “Democrazia in vendita” (Napoleoni), “Democrazia” (Petrucciani) solo per citarne alcuni della immensa selva di interventi
In relazione alle due fasi sopra richiamate ed ai problemi che vi emergono, riportiamo prima di tutto le idee della “Commissione Trilaterale” che analizzano, ovviamente dal suo particolare punto di vista, lo stato del regime democratico di fronte alla crisi economica degli anni '70, con proposte di correzioni di importanza cruciale come dimostrerà la storia successiva. Per quel che riguarda il periodo susseguente e quello attuale ci sembra stimolante la riflessione del filosofo della politica, Stefano Petrucciani della Università La Sapienza di Roma, sulla questione democratica nel quadro delle grandi trasformazioni degli ultimi decenni ed, in particolare, della crisi economico-sociale e politica iniziata nel 2007/8 ed ancora presente sulla scena sistemica mondiale e specifica dei vari paesi.


                                                                              I
                                                      La Commissione Trilaterale

La Commissione Trilaterale nasce nel 1973 per iniziativa di David Rockfeller, figura di spicco del capitalismo americano, che incarica Zbigniew Brzezinski di dar vita ad un nuovo gruppo di lavoro (The Trilateral Commission ) allo scopo di sviluppare i rapporti fra Stati Uniti, Europa e Giappone (da qui deriva l'attributo di Trilaterale). Essa dichiara di essere un'organizzazione non governativa ed apartitica dove vengono discusse le politiche ritenute necessarie per agevolare l'interdipendenza economica e politica fra i tre centri, di fronte alla crisi economica che colpisce in quegli anni l'economia capitalistica (fine della grande crescita, alta inflazione, caduta degli investimenti, ritorno della disoccupazione di massa e via dicendo). Come scrive l'avvocato Gianni Agnelli, che ne fa parte, si tratta di “Un gruppo di cittadini, studiosi, imprenditori, sindacalisti, delle tre aree del mondo industrializzato che si riuniscono per studiare e proporre soluzioni equilibrate a problemi di scottante attualità e di comune interesse”. Brzezinski definisce addirittura l'organizzazione come “Il gruppo delle potenze intellettuali e finanziarie più forti che il mondo abbia mai conosciuto”. Non desta meraviglia perciò che le più importanti multinazionali siano legate alla Trilaterale: Coca Cola, IBM, Pan American, Hwlett Packard, FIAT (oggi probabilmente la nuova società) Sony, Toyota, Exxon, Mobil, Dunlop, Texas Instruments, Mitsubishi.
Allo scopo di sistemare in un quadro organico i problemi ritenuti più urgenti ed importanti, vengono nominati tre studiosi per stilare un rapporto che ha per oggetto e titolo della sua pubblicazione nel 1975 “La crisi della democrazia”. Il suo fine è quello di individuare i fattori di crisi e le opportune correzioni da apportare al sistema politico per assicurare la “governabilità delle democrazie” (In italiano il Rapporto è stato pubblicato nel 1977 da F.Angeli Editore, con prefazione di Giovanni Agnelli). Gli autori sono il sociologo francese Michel J. Crozier, Samuel P. Huntington per gli Stati Uniti ed il giapponese Joji Watanuki.

                                                “La crisi della democrazia”

I tre autori naturalmente si soffermano spesso sulle specificità problematiche della loro area geo-politica. Nondimeno emerge chiaramente un disegno generale, riscontrabile anche nelle loro analisi particolari, che può essere riassunto in alcuni punti cruciali.

1- La domanda che i tre relatori si pongono è sintetizzata nella Prefazione di Giovanni Agnelli: “E' la democrazia politica, quale oggi [1975] esiste una forma di governo attuabile per i paesi industrializzati dell'Europa, del Nord America e dell'Asia?...Possono questi paesi ...continuare a funzionare con le forme di democrazia politica sviluppate nel corso del terzo quarto [del '900] ? “. La risposta è drasticamente negativa, giacché si ritiene che il sistema democratico ereditato dal passato sia in crisi a causadella disgregazione dell'ordine civile, del disfacimento della disciplina sociale, della debolezza dei leader e dell'estraneazione dei cittadini”. Fra le minacce che rendono ingestibile la democraziaIn un'epoca di grande diffusione dell'istruzione secondaria e universitaria...” l'avvocato Agnelli ravvisa “Lo sviluppo tra gli intellettuali d'una «cultura antagonista»” che “ha influenzato studenti, studiosi, mezzi di comunicazione” portando la loro avversione “alla subordinazione del sistema di governo democratico al «capitalismo monopolistico»”. In breve, come afferma Crozier, si ha la sensazione “che le democrazie siano diventate ingovernabili”. Anche Huntington e  Watanuki denunciano l'aumento delle attività di governo negli anni '60 accompagnata da “una sostanziale diminuzione dell'autorità governativa”. Il pericolo per la democrazia diventa dunque la democrazia stessa: “L'impulso della democrazia è di rendere il governo meno potente e più attivo, di accrescerne le funzioni e di ridurne l'autorità”. In particolare negli anni '60 in USA si registra “l'espandersi della partecipazione politica e l'intensificarsi dell'impegno per modelli democratici ed egualitari”, per cui le cause “del declino dell'autorità di governo vanno ricercate nell'ondata democratica degli anni '60”. In conclusione, i problemi di funzionamento delle istituzioni politiche alla svolta del decennio '70 vengono fatti dipendere “da un eccesso di democrazia” da correggere (Huntington) pag.69-108. Esso consiste dunque nel fatto che “Le richieste al governo democratico si fanno più pressanti, mentre le sue possibilità ristagnano. Questo...è il dilemma di fondo della governabilità della democrazia...” (Agnelli). In altre parole, la quantità di rivendicazioni e di aspettative rivolte dai cittadini ai loro governi, ha conosciuto nel dopoguerra una crescita eccedente le possibilità del sistema. Ciò perché “In tutto l'Occidente la libertà di scelta dell'individuo è aumentata straordinariamente. Con lo sgretolarsi delle vecchie barriere ogni cosa appare possibile” (Crozier). Per affrontare questa massa di richieste occorrerebbe un “maggior controllo sociale che sia associato con i valori gerarchici” che però vengono rigettati e scartati dai cittadini. Nel passato le chiese ed in particolare la Chiesa cattolica svolgevano, anche nei paesi laici come la Francia, la funzione fondamentale di diffondere valori gerarchici e di disciplina che stanno a fondamento dell'ordine sociale. Oggi, però, lamenta Crozier, la loro autorità è andata perduta. Del resto anche altre istituzioni, come l'esercito, sono sconvolte dal crollo dell'autorità morale (pagg. 40-41). Ciò perché è diffuso il convincimento che l'autorità venga imposta dall'alto. Ne discende un eccesso di libertà che minaccia caos e che perciò richiede la restaurazione dell'ordine quale “modo di realizzare l'efficienza, che è la condizione del buon funzionamento d'una società”. (pag.55). Purtroppo, secondo Crozier, mancano nella politica europea “la determinazione, il senso della missione, la dedizione alla lotta intesi a restaurare un ordine morale del passato; la disponibilità a lottare per il capitalismo o la libera iniziativa non è poi tanta”. Questa disgregazione dei valori e di ogni autorità è talmente vasta che perfino i comunisti subiscono le tendenze generali della società ed appaiono “incapaci di impedire la disgregazione del loro modello di autorità” (pag.61).
Anche per Watanuki l'eccesso di partecipazione politica “ha fatto aumentare le richieste ai governi”, mettendone in crisi l'autorità nel momento in cui la caduta della crescita economica non mette a disposizione le risorse necessarie a soddisfarle. Da qui la necessità del ripristino del potere governativo e di maggior controllo sociale.
 

2 – Com'è possibile allora per le nazioni europee sopravvivere e superare questa situazione di crisi. La risposta di Crozier è lapidaria: esse “devono realizzare una trasformazione di fondo del loro modello di governo e del loro modo di controllo sociale...”. C'è necessità di rilanciare la crescita economica per “impedire la disoccupazione e l'esasperazione dei conflitti sociali” con una “trasformazione radicale delle condizioni di lavoro” e, quindi abbandonando il modello delle politiche economiche-sociali degli anni precedenti (pag.62-64) [Quelle della domanda degli anni 1945-'70 di grande crescita, ridistribuzione del reddito verso il basso, sviluppo dei diritti sociali, pieno impiego].
Nella sua proposta Huntington afferma che “il funzionamento efficace d'un sistema politico democratico richiede, in genere, una certa dose di apatia e di disimpegno da parte di certi individui e gruppi” come dimostra il fatto che nel passato la marginalizzazione di alcuni gruppi [in USA la popolazione di colore)], pur essendo “intrinsecamente antidemocratica”, ha “consentito alla democrazia di funzionare efficacemente”. Pertanto conclude con l'ammettere che “ci sono ...limiti potenzialmente auspicabili all'ampliamento indefinito della democrazia politica. Con una esistenza più equilibrata la democrazia avrà una vita più lunga” (pag.109-110).
3 – Il distillato di tutto l'impianto analitico e propositivo del “Rapporto della Commissione Trilaterale” può essere racchiuso in alcune citazioni di personaggi conosciuti, anche del passato.
a- “E' un bene che il popolo non comprenda il funzionamento del nostro sistema bancario e monetario, perché se accadesse, credo che scoppierebbe una rivoluzione prima di domani mattina
                                                       Henry Ford

b- “Si può perfettamente concepire un mondo dominato da una dittatura invisibile nel quale tuttavia siano state mantenute le forme esteriori del governo democratico”.
                     Kenneth Boulding docente universitario americano negli anni '60

c-“Probabilmente dovremo avere dei governi molto forti, che siano in grado di far rispettare i piani cui avranno contribuito altre forze oltre a quelle rappresentate in parlamento; probabilmente il potere si sposterà dalle forze politiche tradizionali a quelle che gestiranno la macchina economica; probabilmente i regimi tecnocratici di domani ridurranno lo spazio delle libertà personali. Ma non sempre tutto ciò sarà un male”.
      Intervista a Giovanni Agnelli rilasciata al Corriere della Sera il 30 gennaio 1975

d-“Fu deciso che il documento [Trattato di Lisbona] fosse illeggibile, poiché così non sarebbe stato costituzionale [in modo da evitare referendum]...Fosse invece stato comprensibile, vi sarebbero state ragioni per sottoporlo a referendum...
                                                       Giuliano Amato

e- “..i primi ministri erano pienamente consapevoli che il Trattato non sarebbe stato approvato se fosse stato letto, capito e sottoposto a referundum...
                           parlamentare europeo danese Jeans-Peter Bonde

 I due interventi sono stati registrati alla riunione del Centro per la Riforma Europea tenuta a Londra il 12 luglio 2007.

4 – Siccome nel Rapporto viene delineata una nuova visione della scuola e della università, nel senso di collegare strettamente l'istruzione al mondo economico, appaiono rilevanti le osservazioni critiche di Ralf Dahrendorf  durante la discussione con gli autori ed altri membri della Trilaterale: “...credo che una delle cose che, in qualunque situazione, non devono verificarsi è una politica premeditata di delimitazione dell'istruzione – un indirizzo politico secondo il quale le istituzioni scolastiche siano ancora una volta poste in relazione con la produzione e con il rendimento economico, anziché con l'esigenza di dare a ogni individuo una possibilità di prendere parte al processo politico” (pag.173). Inoltre, aggiunge, le democrazie “Devono guardarsi dal pensare che un po' più di disoccupazione, un po' meno di istruzione, un po' più di disciplina imposta e un po' meno di libertà di espressione possano migliorare il mondo, farne un luogo in cui è possibile governare efficacemente” (pag.174). 


                                                                   II
    
                                             Il disagio della democrazia oggi
                                 La riflessione del filosofo Stefano Petrucciani

1 -Il punto di partenza della riflessione parte dalla constatazione che “il tasso di credibilità, ovvero la fiducia che i cittadini nutrono nelle istituzioni tradizionali della democrazia rappresentativa scende di anno in anno sempre più in basso”.

2 – Occorre allora capire la causa o le cause di questa disaffezione crescente verso le istituzioni democratiche e gli organi rappresentativi. Petrucciani ritiene che questa crisi di fiducia sia ben motivata e che risponda ad una effettiva situazione critica della democrazia contemporanea, almeno in Italia ed in Europa.

3 – Infatti, negli ultimi decenni si sono avuti mutamenti politici importanti, decifrabili come  processo di regressione oligarchica della democrazia”. Questo processo consiste nello “spostamento verso l'alto dei rilevanti centri decisionali, in forza del quale le decisioni politiche scivolano via dalle sedi più ampie e partecipate e si ritirano verso luoghi meno accessibili, per lo più riservati a ristretti gruppi oligarchici”. La tendenza in questa direzione è attestata, secondo Petrucciani, dai seguenti aspetti:
 a) “svuotamento del ruolo dei Parlamenti a favore degli esecutivi, accoppiata alla centralizzazione leaderistica e personalistica dei poteri di governo, sostenuta anche dalla diffusione di ideologie presidenzialistiche”;
b) “sganciamento e deresponsabilizzazione degli eletti rispetto agli elettori”. In Italia si arriva “fino alla imposizione di candidati precostituiti..che produce la costituzione dei rappresentanti politici in «casta» separata”;
c- “svuotamento della discussione interna ai partiti e loro caratterizzazione sempre più leaderistica”.

In sostanza, la tendenza è “quella di uno spossessamento dei cittadini rispetto agli eletti, della base di partito rispetto ai leader, dei parlamentari rispetto all'esecutivo, dell'esecutivo rispetto al premier”. Ma l'aspetto più rilevante del processo in corso è “la sottrazione di larghi ambiti di decisione, che vengono avocati da vari tipi di organismi sovranazionali caratterizzati da una più o meno marcata natura «tecnica» o sedicente tale”. “Sembra dunque che con le trasformazioni in corso si sia giunti al punto di approdo di un lungo processo di riduzione della rappresentatività democratica, il cui inizio si può far risalire al rapporto sulla «Crisi della democrazia» redatto nel 1975 da Crozier, Huntington e Watanuki per la commissione Trilaterale”, nel quale si auspicava «un più equo rapporto tra autorità statale e controllo popolare».

4 – Un'altra causa importante di questa crisi di fiducia è data, a parere di Petrucciani, dal fatto “che è sostanzialmente saltata la rispondenza tra le forze politiche democraticamente confliggenti secondo la discriminante destra/sinistra e le aggregazioni delle classi e dei gruppi sociali”. La conseguenza è che molti settori sociali che in precedenza avevano il loro riferimento politico nella sinistra, ora rimangono senza rappresentanza politica.

5 – Insomma, abbiano davanti una crisi della democrazia perché è in crisi la politica ed il suo ruolo. Per la sinistra, secondo la sua tradizione storica, la politica svolge un ruolo decisivo in quanto è strumento per dare soddisfazione alle aspirazioni degli strati subalterni della società.  Al contrario, per la destra liberale e conservatrice la politica perde di valore e deve essere ridotta alo minimo indispensabile. Il suo ideale è infatti quello di una società in cui si potesse fare a meno della politica, in modo da lasciare la determinazione dei rapporti sociali ai meccanismi economici. “Crisi della politica democratica e crisi della sinistra vanno dunque insieme”.

6 – Un ulteriore motivo di sfiducia deriva dalla percezione dello svuotamento sostanziale della sovranità popolare a causa di interventi di poteri esterni non democraticamente legittimati. Infatti, il governo delle dinamiche globali prima della crisi e, a maggior ragione, a seguito di essa, è in mano ad agenzie ed organi sovranazionali le cui decisioni sfuggono ad un controllo di base. Qualsiasi governo, di destra o di sinistra, salvo piccole differenze, non può fare a meno di applicare le ricette che vengono imposte dall'esterno.
Prima di tutto, “le democrazie nazionali sono...confrontate con problemi che sfuggono alle loro capacità di controllo e di gestione: dai movimenti migratori ai flussi della comunicazione globale, dai problemi di approvvigionamento energetico agli spostamenti di capitali in tempo reale”, tanto per portare alcuni esempi. Ma uno dei nodi più complicati da districare è quello dell'intreccio fra politica democratica, potere economico e potere mediatico. Si può tentare di scioglierlo con una regolamentazione rigorosa, per evitare ad esempio conflitti di interesse. Ma il legame sotterraneo fra potere economico e potere politico in vari ambiti è di difficile individuazione e, quindi, di arginamento.
A questo livello incontriamo il problema fondamentale della democrazia e cioè quello della uguaglianza politica. Democrazia infatti, come ideale normativo, significa uguaglianza politica, secondo la definizione di Iris Marion Young. La declinazione di questo concetto appare però alquanto complessa.
Si può concepire la democrazia come sistema di procedure decisionali legittimate in quanto prese da tutti i cittadini ugualmente titolari della sovranità politica. Però le “risorse politiche”, come le definisce il politologo Dahl (Sull'uguaglianza politica, Laterza 2007), cioè gli strumenti idonei a determinare il processo democratico (denaro, informazione e via dicendo) “sono distribuite in modo fortemente ineguale”. Di conseguenza, “l'uguaglianza politica come uguale possibilità di influenzare le decisioni politiche è un obiettivo difficile se non impossibile da raggiungere” e per di più “scarsamente compatibile con la presenza di assetti economici basati sul capitalismo di mercato”. La conclusione che Petrucciani riprende da Dahl, è che le enormi disparità socio-economiche generate dall'economia capitalistica fatalmente si traducono in “disuguaglianze politiche tra i cittadini di un Paese democratico”. Del resto anche un altro politologo, David Held (Democrazia e ordine globale, Asterios 1999)  giunge alle medesime conclusioni osservando che le nostre società sono attraversate da “concentrazioni di potere che producono asimmetrie di opportunità di vita le quali, direttamente o indirettamente, erodono la possibilità dell'autonomia democratica”.
Alla luce delle osservazioni precedenti Petrucciani conclude sottolineando che la democrazia “deve essere intesa non solo come un insieme di regole circa il modo con cui la comunità politica deve essere governata, ma anche come l'orientamento politico volto a realizzare un determinato scopo, e cioè quello della condivisione paritaria del potere politico tra i cittadini”, che in tal modo, si può dire, diviene l'obiettivo di una democrazia in permanente costruzione.


                                                     Interrogativo conclusivo

Dall'analisi precedente emerge chiaramente che l'equazione fra capitalismo e democrazia, che è il principale cavallo di battaglia dell'ideologia liberistica, non risponde più alla realtà politico-sociale. Insomma, democrazia, intesa in senso sostanziale e non solo formale come sistema di regole per selezionare la classe dirigente (Schumpeter),  e capitalismo non vanno più d'accordo. La questione è lasciata in sospeso da Petrucciani. La possiamo riproporre utilizzando il titolo di un recente libro di Crouch aggiungendovi un punto interrogativo:
 
                                     Quanto capitalismo può sopportare la società?

   Dalla risposta che si da a questa domanda, sul piano teorico e pratico-politico, dipende o meno il superamento dell'attuale crisi del sistema democratico .




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Il ruolo che la  Chiesa Cattolica ha svolto nel diffondere valori gerarchici e di disciplina che stanno a fondamento dell’ordine sociale, al quale si è fatto accenno a metà di pag. 3, può essere meglio compreso dalla lettura dei seguenti brani dell’Enciclica di Leone XIII “Quod Apostolici Muneris” del 1978, riportati dai Notiziari della Comunità dell’Isolotto n. 264-265-266:

…………………..

Noi a cui presentemente è affidato il governo di tutta la Chiesa, come fin dall’inizio del Nostro Pontificato mostrammo ai popoli ed ai Principi sbattuti da violenta procella il porto ove riparare, così adesso, preoccupati dall’estremo pericolo che sovrasta, di nuovo indirizziamo loro l’Apostolica voce; ed in nome della loro salvezza e di quella dello Stato di nuovo li preghiamo insistentemente e li scongiuriamo di accogliere ed ascoltare come maestra la Chiesa, tanto benemerita della pubblica prosperità dei regni, e si persuadano che le ragioni della religione e dell’impero sono così strettamente congiunte che di quanto viene quella a scadere, di altrettanto diminuiscono l’ossequio dei sudditi e la maestà del comando. Anzi, conoscendo che la Chiesa di Cristo possiede tanta virtù per combattere la peste del Socialismo, quanta non ne possono avere le leggi umane, né le repressioni dei magistrati, né le armi dei soldati, ridonino alla Chiesa quella condizione di libertà, nella quale possa efficacemente compiere la sua benefica azione a favore dell’umano consorzio.

………………..


Infine, siccome i seguaci del Socialismo principalmente vengono cercati fra gli artigiani e gli operai, i quali, avendo per avventura preso in uggia il lavoro, si lasciano assai facilmente pigliare all’esca delle promesse di ricchezze e di beni, così torna opportuno di favorire le società artigiane ed operaie che, poste sotto la tutela della Religione, avvezzino tutti i loro soci a considerarsi contenti della loro sorte, a sopportare la fatica e a condurre sempre una vita quieta e tranquilla.

………………………….

domenica 23 novembre 2014

L'Isolotto - Una Comunità tra Vangelo e diritto canonico

Isolotto


Isolotto

Una comunità tra vangelo e diritto canonico

Autore: Sergio Gomiti
Disponibilità: Icona per: Disponibilità
Prezzo: € 26,00

 A distanza di 45 anni dal momento in cui il 'caso Isolotto' balzò alla ribalta della cronaca come episodio emblematico della possibilità di vivere il rinnovamento postconciliare della Chiesa, il racconto di Sergio Gomiti, uno dei preti protagonisti della vicenda, rappresenta un contributo di analisi fortemente innovativo rispetto alla pubblicistica finora conosciuta. L’autore offre un punto di vista interno alla cronistoria degli avvenimenti dal 1957 al 1999 seguendo le tappe fondamentali di un’esperienza collettiva singolare caratterizzata da grande coerenza. Nella controversia tra Comunità dell’Isolotto e Curia di Firenze, l’autore fa rivivere, con particolare intensità emotiva, la realtà dei fatti dando la parola ai documenti e ai protagonisti della vicenda. Il lettore ha così la possibilità di accostarsi ad una 'autobiografia comunitaria' nella quale vengono affermate convinzioni profonde e tesi precise sulle ragioni per le quali si è arrivati ad una non mai ricomposta frattura.
Comunità dell’Isolotto - Firenze, domenica 9 novembre 2014
“L’Isolotto – Una comunità tra Vangelo e diritto canonico”
Presentazione del libro di Sergio Gomiti
gruppo Carlo, Chiara, Claudia, Gisella, Luisella, Maurizio e Sergio
con l’intervento di Sergio Tanzarella


Letture Corali dal Vangelo secondo Matteo
Mentre si rivolgeva alla folla
ecco sua madre e i suoi fratelli
che erano fuori e cercavano di parlargli.
Uno gli disse: Ecco tua madre e i tuoi fratelli
sono là fuori e desiderano parlarti.
Egli, rispondendo a chi gli aveva parlato, disse
Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?
Poi stendendo la mano
verso i suoi discepoli, disse:
Ecco mia madre e i miei fratelli.
Perché chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli
egli è mio fratello, mia sorella e mia madre.  [Matteo 12, 46-50]

Sulla cattedra di Mosè
si sono assisi gli scribi e i farisei
Vogliono essere salutati sulle pubbliche piazze
ed essere chiamati maestri.
Ma voi non vogliate essere chiamati maestri
perché uno solo è il vostro maestro
e voi siete tutti fratelli. [Matteo 23, 1-11]

Riflessione dal testo ‘Predicazione nella nostra chiesa” del 29 settembre 1968 (pag. 61 del libro)
                                                                                               Parrocchia dell’Isolotto – 29 settembre 1968
Gesù in che modo ha predicato il vangelo?
Un giorno egli disse:
Lo Spirito del Signore è su di me,
mi ha consacrato per annunziare la buona novella ai poveri,
mi ha inviato a proclamare ai prigionieri la libertà,
ai ciechi la vista, a sollevare i cuori sfiduciati,
a rendere liberi gli oppressi,
a proclamare un anno di grazia del Signore”.
La predicazione di Gesù toccava i problemi reali della società, sconvolgeva l’uditorio, generava discussioni, creava scandalo e divisioni, suscitava entusiasmo e odio.
Per la predicazione del Vangelo Gesù ci ha rimesso la vita. La stessa cosa è accaduta agli Apostoli.

Per noi quale significato ha la predicazione?
La predicazione è divenuta, in genere, ufficiale e convenzionale; quasi un mestiere o un’abitudine.
Si affrontano solo alcuni problemi individuali e secondari.
Si denunciano con chiarezza esclusivamente i peccati individuali, come quelli contro il VI comandamento o i precetti della Chiesa.
I peccati della società, dell’ordine costituito, delle istituzioni, delle classi sociali, dei popoli, i peccati che generano la fame, lo sfruttamento, la povertà, l’ignoranza, l’oppressione, la guerra, i peccati, insomma, che gridano vendetta al cospetto di Dio non sono quasi mai affrontati dalla predicazione o si denunciano solo genericamente e vagamente, per non scontentare nessuno.
Chiunque, predicando il Vangelo, prende posizione in favore dei poveri e degli oppressi, contro i ricchi e gli oppressori, viene criticato e accusato. Si dice che non predica il Vangelo, che è partigiano e sovversivo.

Noi non possiamo predicare per mestiere.
Molti di voi non possono subire la predica per abitudine.
Siamo convinti che il predicare un Vangelo convenzionale, staccato dai problemi reali della società di oggi, serve infine solo a chi vuole mantenere il popolo nell’ignoranza e nella soggezione.
La Parola di Dio scritta nel libro del Vangelo e la Parola di Dio contenuta nei fatti della vita sono una cosa sola.

Crediamo fermamente che Cristo è presente negli  uomini di oggi, a incominciare dai più poveri e dagli oppressi.
Sentiamo in coscienza il dovere di mettere a loro disposizione la nostra vita e la nostra predicazione.
Se ci comportassimo diversamente tradiremmo il Vangelo e le nostre scelte più vitali. Meglio allora rinunziare alla predicazione?

Proposte pratiche
1. La predicazione domenicale, in linea di principio, dovrebbe sempre affrontare, oltre al Vangelo scritto, i fatti della vita e della storia attuale.
2. Si dovrebbero scegliere particolarmente:
- quei fatti che mettono in rilievo i peccati contro la giustizia, la uguaglianza, la fraternità, la dignità umana, la libertà, la pace;
- quei fatti che mostrano i tentativi compiuti dagli uomini per liberarsi dall’ingiustizia, dalla povertà, dalla discriminazione, dalla oppressione, dall’ignoranza, dalla violenza, dalla guerra.
3. I fatti vanno guardati con obbiettività.
Questo significa che i fatti vanno visti con gli occhi di coloro che li vivono e li soffrono.
Non possiamo essere neutrali, perché ciò significa lavarsi le mani per poter dire. “Io sono innocente del sangue di questo giusto… “ (così disse Pilato).
Noi vogliamo essere semplicemente dalla parte di Cristo, cioè di coloro che soffrono la povertà, che subiscono l’ingiustizia, l’oppressione, la discriminazione. Per questo vogliamo vedere la realtà coi loro occhi, cioè attraverso i loro documenti, le loro versioni, le loro prese di posizione, le loro giustificazioni, ecc.
Qualche volta sarà difficile fare una scelta chiara.
In questi casi dovremo stare doppiamente attenti contro la tentazione del neutralismo e del disimpegno; dovremo moltiplicare il nostro sforzo di documentazione; dovremo diffidare delle fonti di informazione controllate dal mondo dei potenti.
Occorrerà rimanere fedeli a tale obbiettività anche quando ciò comportasse dei rischi, anche quando ci trovassimo in contrasto con la mentalità comune e con le posizioni ufficiali della Gerarchia.
4. Qualunque persona del quartiere potrà proporre dei fatti da presentare nella predicazione.
5. Qualche laico che abbia particolare esperienza di alcuni fatti che li abbia magari vissuti e sofferti direttamente, potrà integrare la predicazione dei sacerdoti.

Conclusione  - Su queste note vi chiediamo di riflettere personalmente o a gruppi.
Qualcuno di voi, per esempio, potrebbe prendere l’iniziativa di riunire in casa propria alcuni amici interessati al problema.

Quindi potreste comunicarci le vostre impressioni a voce o per lettera.
Se alcuni lo richiederanno si potrà organizzare una riunione per affrontare insieme questo problema.


“Isolotto – Una comunità tra Vangelo e diritto canonico”
di Sergio Gomiti
Casa editrice – Il pozzo di Giacobbe, Trapani, 2014


[dalla quarta di copertina ]
«Il Vescovo Florit:           […]. Ti invito a dimetterti dall’ufficio che il Vescovo ti ha dato.
don Enzo Mazzi:              Mi ha chiamato solo per questo o per parlare?
Il Vescovo Florit:             Ci siamo detti tutto. […] Voi stessi avete detto che si chiuda.
don Enzo Mazzi :             Per noi chiudere significa incominciare a parlare.
[…]
Il Vescovo Florit:             Mi prendo io tutte le responsabilità.
[…]
don Enzo Mazzi:              Lei si rifiuta di parlare con me.
Il Vescovo Florit:             Oggi voglio concludere e entro domani voglio inviare la rimozione. Ho giudicato. Non esiste sul
                                           diritto niente che mi obblighi a parlare con te».

(dialogo tra il Vescovo Florit e don Enzo Mazzi del 3 dicembre 1968)
«Ancora oggi, dopo tanti anni questa frase mi è come rimasta scolpita nell’anima».  (Sergio Gomiti)


A distanza di 45 anni dal momento in cui il  “caso Isolotto” balzò alla ribalta della cronaca come episodio emblematico della possibilità di vivere il rinnovamento postconciliare della Chiesa, il racconto di Sergio Gomiti, uno dei preti protagonisti della vicenda, rappresenta un contributo di analisi fortemente innovativo rispetto alla pubblicistica finora conosciuta. L’autore offre un punto di vista interno alla cronistoria degli avvenimenti dal 1957 al 1999 seguendo le tappe fondamentali di un’esperienza collettiva singolare caratterizzata da grande coerenza. Nella controversia tra Comunità dell’Isolotto e Curia di Firenze, l’autore fa rivivere, con particolare intensità emotiva, la realtà dei fatti dando la parola ai documenti e ai protagonisti della vicenda. Il lettore ha così la possibilità di accostarsi ad una “autobiografia comunitaria” nella quale vengono affermate convinzioni profonde e tesi precise sulle ragioni per le quali si è arrivati ad una non mai ricomposta frattura.

Sergio Gomiti è stato vicario cooperatore alla parrocchia dell’Isolotto (Firenze) con don Enzo Mazzi dal 1957 al 1965 ed è poi divenuto parroco della parrocchia della Pentecoste alla Casella a Ponte a Greve dal ’65 al ’68, coltivando in entrambi i luoghi gli orizzonti del Concilio Vaticano II. Dopo la rimozione da parroco di don Mazzi (’68) si è dimesso da parroco per solidarietà con don Mazzi e da allora vive l’esperienza della Comunità dell’Isolotto e delle Comunità di base italiane. Ha lavorato per molti anni alla Biblioteca Nazionale di Firenze e ha curato fin dagli inizi la realizzazione dell’Archivio storico della Comunità dell’Isolotto, riconosciuto nel maggio 2004 di “particolare interesse storico” dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Prefazione
a cura della Comunità dell’Isolotto


Le persone della Comunità dell’Isolotto di Firenze e quanti da alcuni anni si occupano dell’Archivio della Comunità hanno accolto questa lunga memoria come un dono inatteso, non facile da comprendere nel suo reale significato.
Per questo abbiamo cercato di capire meglio il senso di questo lavoro, cercando di mettere a fuoco gli elementi di novità che possono portare alla conoscenza della vicenda della Comunità dell’Isolotto, sia dal punto di vista della ricostruzione fedele e documentata dei fatti, sia da quello del racconto nel quale la soggettività, l’emotività, il coinvolgimento del narratore-protagonista giocano un ruolo fondamentale.
Sono trascorsi 45 anni da quando il “caso Isolotto” balzò alla ribalta della cronaca nazionale e internazionale come episodio emblematico delle tensioni interne alla Chiesa postconciliare, banco di prova della possibilità concreta di mettere in pratica quanto il rinnovamento proposto dal Concilio aveva fatto ritenere possibile: vivere la fedeltà al Vangelo senza compromessi e pensare la «Chiesa come Popolo di Dio, nuova creatura, concepita dal Movimento che aveva dato vita al Concilio Vaticano II»[1].
A distanza di tanti anni, e dopo che tante ricostruzioni della vicenda sono state date alle stampe, potevamo attenderci un atteggiamento più distaccato, una ricostruzione capace di comprendere con uno sguardo d’insieme i tratti salienti dell’esperienza. Invece questo racconto segue passo passo le tappe fondamentali di un’esperienza collettiva singolare, caratterizzata da grande continuità e coerenza, entra nei dettagli della “controversia”, avverte ancora l’urgenza di affermare la realtà dei fatti facendo riferimento costante ai documenti raccolti nell’Archivio.
Ci sembra quindi opportuno richiamare l’attenzione dei lettori sugli elementi di novità che possono essere trovati in questo libro, se confrontato con le altre pubblicazioni che hanno narrato l’esperienza della Comunità dell’Isolotto[2].
Rispetto a queste, nelle quali si fa ampio riferimento ai documenti ora conservati nell’Archivio della Comunità, il racconto fatto da Sergio Gomiti, da lui definito «una cronistoria puntuale degli avvenimenti che riguardano la vicenda […] dal 1957 al 1999», si caratterizza come la narrazione di uno dei protagonisti principali degli eventi, che propone un punto di vista “interno” al loro svolgersi e li ripercorre con grande ricchezza di particolari.
Quindi non solo si offre un racconto in prima persona, un punto di vista interno allo svolgersi delle vicende, che tocca anche gli aspetti di coinvolgimento personale nei fatti di uno dei tre sacerdoti che hanno animato l’esperienza iniziata nella parrocchia, ma viene messa a disposizione degli studiosi e dei lettori anche la profonda conoscenza dell’evolversi delle vicende e del contesto nel quale si sono sviluppate.
Il testimone inoltre dimostra un profondo coinvolgimento emotivo nelle vicende narrate, del resto dirompenti e portatrici di grandi novità per la storia della Chiesa, e non solo, vicende cariche della forza capace di trasformare vite, di lasciare segni profondi.
Sceglie inoltre di far parlare i documenti, e così all’intensità che caratterizza il racconto in prima persona si aggiunge quella che emerge dai molti protagonisti della vicenda – nei due contrapposti schieramenti - dagli interventi alle assemblee, alle lettere, alle “notificazioni”… Si ha quasi la sensazione di leggere un’ “autobiografia”, non personale, ma comunitaria, attraverso la quale vengono affermate convinzioni profonde e precise tesi sulle ragioni per cui si è arrivati alla rottura.
La sequenza dei documenti tratti dall’Archivio, che costituiscono la gran parte del testo qui pubblicato, restituisce con grande intensità non solo il senso dell’esperienza comunitaria, ma anche il  clima emotivo nel quale veniva vissuta, la profonda partecipazione collettiva che l’ha animata, la consapevolezza diffusa di essere protagonisti di un’esperienza di rinnovamento che aveva vastissime ripercussioni. Colpisce qui il livello del confronto, il grado di coinvolgimento, di elaborazione che emerge dai documenti, dagli interventi alle assemblee trascritti. La lettura dei documenti nella versione integrale ci porta a fare un tuffo nel passato, misurando la distanza tra l’intensità di questa esperienza (e di altre esperienze di profonda partecipazione democratica degli anni ’60-’70 del secolo scorso) e il livello di disillusione e confusione che caratterizza invece spesso anche le migliori esperienze di questi tempi. 
Un altro elemento di novità è costituito dalla ricostruzione molto puntuale del contesto più ampio in cui l’esperienza dell’Isolotto è nata. E’ questo un aspetto forse meno noto e meno indagato, messo ora bene in luce nella prima parte di questa pubblicazione, che evidenzia quanto l’esperienza di rinnovamento portata avanti nella parrocchia dell’Isolotto fin dall’inizio non fosse isolata, ma si fosse sviluppata in un quadro di relazioni intense e vitali con altri sacerdoti della Diocesi. E’ nelle istanze di riflessione e rinnovamento proposte dai sacerdoti e dai laici dell’Isolotto agli altri sacerdoti e laici della Diocesi, più che in altri eventi, che si colgono “le ragioni per cui” venne colpita “l’esperienza dell’Isolotto”.


Perché questa pubblicazione

 

Questo libro si potrebbe definire una cronistoria puntuale degli avvenimenti che riguardano la vicenda della Comunità dell’Isolotto dal 1957 al 1999 effettuata attraverso i documenti dell’archivio della Comunità: documenti di pastorale, liturgia, catechesi, predicazione (omelie), percorsi di vita cristiana, ciclostilati, veglie, preghiere per la celebrazione dell’Eucarestia, lettere, fotografie, bobine audiovisive, bobine audio delle assemblee, delle assemblee eucaristiche in piazza, degli incontri con realtà italiane ed estere, del processo, articoli di quotidiani e riviste riguardanti la Comunità, libri della Comunità.
La scelta del materiale è guidata dall’intento di presentare la realtà dell’Isolotto intorno alla quale si è molto parlato e scritto, su libri, riviste, quotidiani, il più delle volte per sentito dire, senza preoccuparsi di una documentazione, attinente ai fatti, e quindi talvolta stravolgendoli o per ignoranza o per voluta cattiva informazione.
Ho richiamato alla memoria anche alcuni miei ricordi che ancora sento vivi e presenti e che hanno in parte indirizzato certe mie scelte di vita.
Ho cominciato la narrazione dal 1957 quando, ordinato sacerdote, sono stato mandato alla parrocchia Beata Vergine Maria, all’Isolotto, dove dal 1954 era parroco Don Enzo Mazzi e l’ho fondamentalmente terminata al 3 maggio 1971, quando è iniziato il processo per “istigazione a delinquere e turbativa di funzione religiosa” a carico di otto persone (si trattava di tre persone della Comunità, di due sacerdoti fiorentini non dell’Isolotto, di un sacerdote di Milano, di uno di Torino e di uno di Verona solidali con la Comunità) e per “turpiloquio” per una unica persona.
Un’ultima parte, per veloci accenni, riguarda gli anni dal 1972 al 1999 e ho voluto mettere in rilievo come sia cambiata la vita della Comunità e come si siano evoluti i rapporti con la Curia.
Infine un capitolo per far conoscere la vita della Comunità oggi.
In appendice ho riportato gli avvenimenti riguardanti il processo, le sbobinature delle udienze, le arringhe finali. Sono stato molto incerto se inserire questa ultima parte che è già stata ampiamente trattata nel libro Comunità dell’Isolotto (ed.), Il processo dell’Isolotto, Manifestolibri, Roma 2011. Alla fine ho valutato che, per il lettore interessato, potesse essere un utile e ulteriore supporto documentario.
Rispetto al materiale ho lavorato in questo modo:
- ho riportato integralmente i documenti, le lettere, gli articoli di giornale, o qualsiasi materiale scritto, o per intero o facendo una selezione delle parti più significative,
- per gli interventi orali, dovendo lavorare su sbobinature delle assemblee, dei vari incontri, come pure del processo, ho cercato di rimanere fedele al testo anche se ho dovuto trasformare l’orale in un linguaggio scritto che fosse leggibile e comprensibile. Gli interventi sono stati comunque il più possibile limitati, come risulta dal confronto con i documenti utilizzati, di cui viene data sempre la collocazione.
Un ultimo accenno all’Archivio della Comunità dell’Isolotto da cui ho tratto tutto il materiale, archivio riconosciuto di “particolare interesse storico” da parte del Ministero per i Beni e le Attività culturali, con decreto n. 800 del 28 maggio 2004, archivio aperto alla consultazione di chiunque ne sia interessato.
Esso è nato, si è sviluppato e tuttora vive con l’intento di documentare la fedeltà ai fatti storici nello stretto legame tra memoria e vita attuale, di valorizzare le memorie dei “senza storia” e quei processi e quelle strutture che guidano dal basso l’evoluzione della cultura.
Ogni documento pubblicato nel libro porta accanto il riferimento al numero di segnatura nell’inventario dell’archivio.
Per rendere più comprensibili le citazioni inserite nel testo, elenco di seguito le serie documentarie presenti (vedasi anche: http://www.comunitaisolotto.org/Archivio/Sintesiguida.pdf):
Emp: editoria minore periodo parrocchiale. Sono i documenti del percorso di rinnovamento di tutti i settori della vita parrocchiale dal 1954 al 1968;
Em: Editoria minore – documenti ciclostilati. Si tratta di volantini e inserti dal 1968 al presente;
Em Notiziari: i notiziari della Comunità dal 1968 al 2001;
Em Processo: Documenti del processo (1968-1971);
Em documenti significativi:  i documenti più significativi dal 1953 ad oggi;
Gr: Giornali-Riviste. Sono circa 2900 articoli di quotidiani e periodici dal 1954 ad oggi;
Lt: lettere. Circa 1250 lettere dal 1968 al 2008;
BA: le bobine audio di 245 assemblee dal 1968 al presente;
BAV: bobine audiovisive dal 1968 al presente;
FT: 2000 fotografie dal 1968 ad oggi.
L’archivio comprende anche un Fondo che riguarda il territorio (movimento per la scuola e movimento di quartiere) e nove faldoni contenenti documenti di movimenti e Comunità Cristiane di Base italiane, spagnole, francesi, tedesche, olandesi.
Sono inoltre stati raccolti e aggregati all’Archivio, dal 2012 in poi, alcuni nuclei di carte di altre Comunità di base, toscane e non, individuate nell’ambito del Censimento degli Archivi delle Comunità e del Cristianesimo di base in Italia promosso dalla Comunità dell’Isolotto in accordo con la Segreteria nazionale delle comunità di base italiane, e realizzato con il sostegno della Tavola Valdese. Di particolare rilievo il Fondo della Segreteria tecnica delle comunità di Base, costituito da Ciro Castaldo, depositato nell’Archivio della Comunità dell’Isolotto nel 2012 dalla Comunità del Cassano di Napoli.

Notizie sulla Casa editrice Il pozzo di Giacobbe
Il Pozzo di Giacobbe è una piccola casa editrice indipendente, di Trapani, che si occupa di argomenti religiosi ed ecclesiali in modo aperto, intelligente e non scontato, con idee, storie, autori poco conosciuti e che hanno una grande valore e significato umano e spirituale. 
Queste le parole dell’editore Crispino Di Girolamo, in un’intervista in occasione del 27° Salone internazionale del libro di Torino: “Ci sono idee, storie e autori che rimangono troppo spesso fuori dal mercato editoriale anche nell’editoria di ispirazione cattolica, Papa Francesco ci spinge ad uscire fuori dai recinti degli spazi chiusi e invita soprattutto i laici ad osare, a vincere il momento di crisi che stiamo vivendo mettendo in circolo energie positive. La nostra esperienza ci dice che si può coniugare impegno culturale, azione civile e impresa, facendo editoria indipendente di qualità. … Ringraziamo tutti gli ospiti che ci onorano della loro presenza e della loro amicizia ma anche tutti coloro che ci seguono e sostengono la nostra sfida: fare editoria creando uno spazio in cui le forze positive del nostro Paese possano incontrarsi e confrontarsi liberamente e sostenere dal Sud la cultura dell’antimafia e della legalità e il rinnovamento della vita ecclesiale nella fedeltà al Vangelo mettendo in circolo idee, ricerche, proposte”.
Sergio Tanzarella è il curatore della collana Oi Cristianoi.

Intervento di Sergio Tanzarella
ordinario di Storia della Chiesa presso la Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale di Napoli
curatore della Collana Oi Christianoi per la casa editrice Il Pozzo di Giacobbe

Domande e confronto
Lettura di alcuni brevi stralci dal libro

[pag 17 – stralcio dalla Parte I -  cap. 1 L’Isolotto e il card. Elia Dalla Costa]
[…] Enzo Mazzi aveva già cercato di dare una impronta alla parrocchia. Ne fa testo questo stralcio dalla sua prima omelia del Natale 1954:
Il nostro Isolotto deve diventare il regno della fraternità, dove tutti cioè si considerino veramente fratelli senza distinzioni, od esclusioni… dove tutti cioè cerchino di collaborare attivamente per il bene della intera Comunità evitando di rinchiudersi o separarsi, in una parola il nostro Isolotto deve diventare il regno dell’amore scambievole, ecco il messaggio di questo S. Natale”. (Emp 0002)
Nella mia parrocchia di provenienza avevo spesso sentito parlare di “i nostri” e “gli altri”, un linguaggio comune a molti preti e a molti cristiani. I “nostri” erano i praticanti e i democristiani, gli “altri” i non praticanti e i comunisti, socialisti, addirittura scomunicati fino dal 1948.
Quella prima omelia, che casualmente mi ritrovai tra le mani, mi allargò il cuore.

***

[pag 21 – stralcio dalla Parte I -  cap. 1 L’Isolotto e il card. Elia Dalla Costa]
[…] La liturgia vide, fin dal  22 dicembre 1957, giorno della consacrazione della chiesa, l’altare staccato dal muro e rivolto verso la navata. Si diceva la messa in latino, ma un gruppo di giovani si dava il cambio, alle varie messe della domenica, per leggere la traduzione in italiano, traduzione che veniva preparata settimana per settimana. Nella chiesa c’erano due altari laterali: in uno veniva alloggiato il Santissimo e nell’altro veniva tenuto aperto un grande libro della Bibbia come invito alla lettura da parte di coloro che frequentavano la chiesa.
Dal 1960 in poi, coloro che partecipavano alla messa vennero invitati, al momento dell’offertorio, a salire sul presbiterio disponendosi intorno all’altare.
Questo movimento creava qualche malumore da parte di alcuni che, purtroppo, erano stati educati e abituati ad andare alla messa per cercare ciascuno il proprio Dio e non per incontrare i fratelli.

***

[pag 149 – stralcio letto a 2 voci dalla Parte IV -  cap. 2 La Comunità per l’autenticità e l’unità]
A Sua Eminenza Reverendissima
Il Card. Ermenegildo Florit
Arcivescovo di Firenze.

Eminenza,
la Sua del 5 corr., ancora una volta, ci ha sconcertati ed amareggiati. Un’altra raccomandata-espresso, un’altra diffida, un’altra minaccia [….]
Noi crediamo fermamente nella Chiesa e quindi sappiamo che il nostro rapporto ecclesiale si basa sulla fede e sull’amore di Cristo. Dobbiamo volerci bene, ma non basta.
[...] la misura di tutto è l’amore verso i fratelli e specialmente verso “il fratello che è nel bisogno”, cioè l’amore verso gli ultimi. La stessa ricerca e difesa della verità ed anche la liberazione dal peccato vanno misurate sul metro di tale amore. Ciò vale per i nostri rapporti. La Sua autorità da una parte, la nostra ubbidienza dall’altra avrebbero un carattere non cristiano, ma semplicemente “mafioso”, se si realizzassero al di fuori di un tale amore o peggio ancora contro di esso. Non basta che siamo uniti, che ci vogliamo bene, che siamo ubbidienti. Questo lo fanno anche i massoni. Dobbiamo essere uniti per annunziare il Vangelo ai poveri, non per tradirli. Verremo giudicati sull’esercizio dell’autorità o dell’obbedienza non in sé, ma in quanto strumenti dell’amore effettivo verso gli affamati, gli assetati, i senzatetto, gli ignudi, gli infermi, i carcerati (Mt.25, 31-46).

Eminenza, noi vogliamo ubbidire. L’ubbidienza al Vescovo non la consideriamo un peso o una diminuzione, ma una fonte di gioia e di liberazione quando ci aiuta ad amare e servire il Cristo presente negli ultimi. Ma quando risulta un tradimento del Cristo allora si trasforma in un dramma e può diventarci impossibile. Qui non c’è una élite in ricerca di esperimenti pastorali o novità teologiche, un gruppetto di intransigenti, ribelli, contestatori, attaccati alle proprie idee. Qui c’è invece una Comunità formata, per la maggior parte, da persone umili del popolo: operai e impiegati, donne di casa, giovani e anziani, disoccupati, senzatetto e senza famiglia, infermi, invalidi, incriminati, carcerati, affamati e assetati di giustizia. Tale Comunità ha la sola esigenza vitale di trovare nella pratica del Vangelo la forza di vivere e la speranza per lottare e andare avanti. Essa chiede alla Chiesa un minimo di spazio, di libertà e di amore, che la Chiesa stessa non può rifiutarle senza venir meno alla sua fedeltà a Cristo.
Tale Comunità invece si sente non amata, anzi rifiutata e soffocata dal Vescovo e  con essa si sentono rifiutate e soffocate, in diocesi e fuori, tante persone specialmente le più umili. […]
Le è richiesto invece di venire di persona, in atteggiamento di padre e fratello, a rendersi conto, a capire profondamente la realtà, a cercare una informazione diretta e obbiettiva (questo è quanto noi stessi Le chiediamo insistentemente da anni; ora preghiamo il Signore che non sia troppo tardi).
Le sono richiesti gesti di fraternità, di accoglimento, di amore. In questo impegno di testimonianza all’amore di Cristo siamo pronti ad ogni obbedienza. Al di fuori di esso l’obbedienza e la disciplina, anche ecclesiali, significherebbero per noi disubbidienza e indisciplina. […]
Siamo certi che Lei ci comprenderà e ci chiederà, in nome dell’ubbidienza al Vangelo e alla Chiesa, di somigliare con tutte le nostre forze al Samaritano il quale reputa impossibile abbandonare l’uomo ferito sulla strada, anziché al Sacerdote e al Levita i quali si allontanano per timore di contrarre una impurità legale.
Devoti saluti.                 
                                           sac. Enzo Mazzi, sac. Sergio Gomiti, sac. Paolo Caciolli
***
[pag 149 – stralcio dalla parte IV – cap. 3 Il Cardinale riapre la chiesa e celebra la messa]
1969, 30 agosto. La sera alle 23 arrivò una telefonata all’Isolotto in cui si avvertiva che la mattina seguente il Cardinale, dopo otto mesi, avrebbe riaperto la chiesa e celebrato la messa. Tutto questo senza alcun preavviso se non ai giornali, a persone amiche della Curia, alla Polizia e ai Carabinieri.
Il sabato sera, a quell’ora, era in corso l’assemblea in cui si discuteva della risposta da mandare al Cardinale in cui si comunicava l’accettazione della sua proposta da parte dei preti e di quali preghiere e brani biblici leggere durante la messa che sarebbe stata celebrata nella piazza da un sacerdote gesuita, padre Del Zanna.
Giunta la notizia, iniziammo a scrivere il seguente documento da portare immediatamente al Cardinale: (Em documenti  145)
Isolotto-Firenze 30.8.1969
Al nostro Vescovo
[….]
Questa nostra Comunità, oppressa chiaramente da tale situazione, anche domani riunita in assemblea davanti alla chiesa, continuerà ad attendere, come fa da dieci mesi, che Ella prima di iniziare la celebrazione della messa annunzi, con gesti concreti capaci di togliere l’oppressione:
“Lo Spirito del Signore è su di me;
per questo Egli mi ha unto,
per evangelizzare i poveri mi ha mandato,
a guarire i contriti di cuore,
ad annunziare ai prigionieri la libertà,
a restituire ai ciechi la vista,
a rendere liberi gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore” (Lc. 4, 18-19).
Solo allora la messa sarà il gesto di riconciliazione e l’inizio di un nuovo cammino di comune conversione.
La Comunità dell’Isolotto.

Una delegazione composta da 7 persone partì immediatamente e si recò in Arcivescovado per consegnare il documento al Cardinale.  La delegazione si recò sul posto; all’una e mezza suonava il campanello della villa; per tutta la notte attese invano che il cancello si aprisse. Fu ricevuta dal Cardinale alle ore 7 del mattino. Alle ore 8,30, tornati all’Isolotto, i componenti della delegazione stesero la seguente relazione sul colloquio: (Em Documenti 145/1)
[…]
Laico: Eminenza questi suoi discorsi sono troppo duri e insostenibili. Le chiediamo di ripensarci e di fermarsi in piazza in mezzo alla nostra Comunità per offrirci una risposta diversa, prima di dire la messa.
Cardinale: Il Vescovo non si può fermare in piazza a fare comizi. Io parlerò poco e parlerò da Pastore, solo in chiesa. Se voi venite alla messa siete con me, se non venite alla messa, voi, che già siete fuori della Chiesa, vi porrete definitivamente come porzione scismatica della Chiesa. Abbiate il coraggio di leggere quella frase molto bella della Bibbia in cui Cristo dice che nessuno è obbligato a rimanere nella Chiesa. Abbiate perciò il coraggio di ammettere di essere usciti dalla Chiesa.
[…]

1969, 31 agosto. La piazza era gremita di gente, al centro l’altare era pronto per la celebrazione della messa.
Un membro della delegazione lesse il resoconto dell’incontro con il Cardinale.
Fu un momento drammatico, di tensione e di dolore indescrivibile.
Molti piangevano.
Ma la tensione e il dolore crebbero a dismisura quando si aprì il portone della chiesa, chiuso da quasi un anno e vi entrò il Cardinale scortato dai Carabinieri e da decine di poliziotti in divisa e in borghese; quando in chiesa scrosciò l’applauso frenetico dei pochi dell’Isolotto e dei molti venuti dal di fuori in gruppi organizzati; quando si udì gridare: “abbiamo vinto”; quando dentro la chiesa furono intonati canti trionfali che nessuno dell’Isolotto conosceva, perché non usati nella nostra parrocchia.
Mentre l’Arcivescovo celebrava la messa nella chiesa, la Comunità rimaneva nella piazza.
Non venne celebrata la messa anche se c’erano dei sacerdoti venuti da fuori per celebrarla, come avveniva le altre domeniche.
Venne letta la Passione di Gesù dal Vangelo di Matteo.

A seguito di questi avvenimenti i tre sacerdoti ritirarono l’accettazione della proposta di andare ad abitare per qualche tempo con il Cardinale.


























Preghiera eucaristica

Coniugare memoria e presente
non è un fatto scontato e innocuo;
costituisce una scelta precisa e faticosa.
E’ un modo di impostare la vita.
Si radica nella fede, in ogni fede.
Esige la capacità di avvertire, presente ed operoso,
lo Spirito che soffia dove vuole,
che assume tanti nomi quante sono le culture,
le tradizioni religiose, le visioni della realtà.

Nessuna persona o parola o realizzazione del passato
possono imprigionare lo Spirito.
Neppure il presente, l'idealità o il progetto
possono pretendere di afferrare ciò che sfugge ad ogni misura.
Lo Spirito è la grande risorsa dei senza-potere
ai quali si vorrebbe negare passato e futuro.
Lo Spirito riempie di significato la vita e la morte dei senza-storia,
unifica il tempo e lo spazio, rende tutto parziale e relativo.
Tutto connette e in tal modo tutto valorizza.
Crea coscienze critiche, autonome, generando costruttori di pace.
Il concetto biblico di resurrezione crediamo che indichi
proprio questo intreccio fra memoria e presente
come fondamento ultimo della realtà e della storia:
non seppellire ma far rivivere, annunciare la tomba vuota
e la presenza viva del crocifisso-risorto.

Gesù, la sera prima di essere ucciso, mentre sedeva a tavola
con i suoi apostoli e apostole,
prese del pane lo spezzò,
lo distribuì loro dicendo:
“Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio corpo”.
Poi, preso un bicchiere, rese grazie,
lo diede loro e tutti e tutte ne bevvero, e disse loro:
“Questo è il mio sangue
che viene sparso per tutti i popoli”.
Ci impegniamo affinché
questi segni della memoria antica
rendano realizzabili ed efficaci
i segni di attiva speranza presenti nel tempo attuale.





[1]  Enzo Mazzi, «Racconti di speranza», in Comunità dell’Isolotto (ed.), Oltre i confini. Trent’anni di ricerca comunitaria, LEF, Firenze 1995, 13-54.
[2] Tra tutte consideriamo particolarmente significative: Comunità dell’Isolotto, Isolotto 1954/1969, Laterza, Bari 1969); Comunità dell’Isolotto, Oltre i confini. Trent’anni di ricerca comunitaria, LEF, Firenze 1995 e Christian G. De Vito, Mondo operaio e cristianesimo di base. L’esperienza dell’Isolotto di Firenze, EDIESSE, Roma 2011.